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Uomini contro

Regia di Francesco Rosi vedi scheda film

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La recensione su Uomini contro

di noodless94
8 stelle

Qualche giorno fa mi ritrovavo a discutere con un amico della bizzarra e anacronistica situazione europea nel periodo di inizio '900. Se regni e monarchie erano ancora in netta maggioranza, sebbene ormai fosse un sistema decrepito rispetto alla "moderna" democrazia, lo stesso non si può dire dell'evoluzione militare e tecnologica avuta nei primi del secolo scorso. Forse per questo motivo, o forse per gli echi pubblicitari del nuovo film di Sam Mendes (1917, che non ho ancora visto), mi sono ritrovato a vedere un film sul tema. 

 

 

Il film diretto da Francesco Rosi, si ricollega a un episodio della nostra storia che a livello cinematografico (parlo a livello italiano) non ha avuto lo spazio necessario (ricordo, su due piedi, solo il capolavoro di Monicelli con Gassman e Sordi, molto differente da questo film) per riflettere su un tema immane per dimensioni e drammaticità. Più che da Monicelli, Rosi sembra prendere spunto da un altro grande regista: Stanley Kubrick. Il suo "Orizzonti di gloria" sembra rivivere nella pellicola del regista napoletano, sia sul piano stilistico (per via delle bellissime carrellate) che sul piano tematico (l'opposizione agli ideali ottocenteschi e la compassione umana di fronte alla freddezza dei comandanti). 

Eppure, sarebbe del tutto sbagliato limitare il film di Rosi a semplice macchietta di quello di Kubrick.

Il racconto di quell'inutile strage che fu la prima guerra mondiale si mostra a noi nella sua più totale insensatezza e inadeguatezza. Nelle terre desolate, spoglie e grigie assistiamo ai folli assalti di uomini mandati al macello contro un nemico che non si mostra quasi mai, se non per implorare la fine di quell'inutile strategia. Rosi lo cita solo direttamente una volta nel corso di tutto il film, ma la figura di Cadorna sembra riesumarsi in quella del generale Leone (Alain Cuny). Leone è emblema della spavalderia e dell'irragionevolezza con la quale si mandavano i soldati al macello. Non solo: è il simbolo di un pensiero militare vetusto, composto di strategie che prevedono tecniche militari (le trombe, l'assalto a piedi o a cavallo) inattuabili con le nuove, distruttive tecnologie (vedi la mitragliatrice e l'artiglieria). E ancora: la classe privilegiata, che decide il da farsi senza partecipare alle sortite offensive (mi viene da pensare anche ai Monty Python e a una esilarante scena del "Senso della vita"). Da questo punto di vista Rosi si mostra eccessivamente politico, non nascondendo affatto il suo pensiero sulla questione. Non ci sarebbe nulla di male in fondo nel prendere una posizione, se non fosse per il fatto che il regista sembra essere influenzato troppo dal suo tempo (il film uscì nel '71) e dagli ideali che gli uomini son tutti uguali (Guccini, la locomotiva). La lotta contro la classe dei padroni, si rispecchia in quella contro i generali. Lo si evince soprattutto quando il personaggio interpretato da Volontè (manifesto di questo genere cinematografico) urla/comanda di sparare a tutti i comandanti, anche quelli nemici, veri nemici di quel popolo che (sempre secondo lo stesso personaggio) va al governo e poi è socialismo. 

 

 

Rosi dirige un buon film sul piano stilistico (bellissime le riprese degli assalti e i paesaggi scelti), mentre si lascia prendere la mano dalle sue idee politiche che appaiono (fin troppo) manifeste.

 

 

 

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