Regia di Francesco Rosi vedi scheda film
1916, Altopiano di Asiago. Infuriano i combattimenti tra truppe italiane ed austriache per il controllo di Monte Fior. I soldati italiani, sotto il comando del generale Leone, hanno l'ordine di conquistare la posizione, precedentemente abbandonata al nemico. Mentre la truppa è falcidiata dalla mitraglia austriaca e dalle decimazioni, anche a causa di una linea di comando lacunosa ed incapace, due tenenti, il veterano Ottolenghi ed il giovane Sassu, fanno ostruzionismo. Il primo muore in prima linea, il secondo finisce fucilato. Adattamento cinematografico del libro autobiografico "Un Anno Sull'Altipiano" di Emilio Lussu, si dice essere stato oggetto di critica da parte dell'autore del libro in quanto poco obiettivo. Il film, diretto da Francesco Rosi, prende una ferma posizione contro la guerra e la retorica legata ad essa. I soldati italiani schierati sui fronti del nord durante la Prima Guerra Mondiale sono rappresentati come assolutamente demotivati; la morte e le sofferenze giungono non solo a causa di massacri che si consumano per la conquista di una collina o una valle; ma anche per la fame, il freddo, i malanni, e gli eccidi decisi, al minimo cenno d'insubordinazione, da ufficiali tronfi, incapaci e vigliacchi, tra i quali spicca il generale Leone (interpretato dal francese Alain Cuny), personaggio sgradevole infarcito di retorica nazionalista ed assolutamente disinteressato alla sorte della truppa, tanto da mandare a morire soldati in un'azione bellica con la fittizia protezione di un'inutile corazza. I soldati accettano quasi con passività la loro infausta sorte; alcuni vedono la morte come una liberazione. Le critiche espresse nei confronti dell'opera sono relative alla scelta di mostrare solo aspetti negativi della vita al fronte; immagino che il regista - durante gli anni della "contestazione" - abbia voluto leggere le vicende descritte da Lussu in chiave politica. Il proletariato "universale" - militari d'ogni parte di Italia, ma anche appartenenti alle schiere nemiche - è vessato dai generali, i "padroni", sfruttando la legge - normative concepite astrattamente anche molti decenni prima, in grado di stabilire seccamente se un uomo possa vivere o morire - ed i suoi tutori - i carabinieri, i quali, facenti funzioni di polizia militare , agevolavano esecuzioni, arresti, repressione contro la dissidenza. Per stessa voce del tenente Ottolenghi (Gian Maria Volontè), di idee socialiste, il nemico di ogni soldato non è dentro la trincea di fronte, ma a Roma, Vienna, Berlino. Il tenente Sassu (l'attore statunitense Mark Frekette) incarna la figura dell'intellettuale, l'idealista in grado di opporsi al potere costituito con cognizione di causa e per questo motivo da esso isolato e schiacciato. Il ritmo del film è lento. L'intera vicenda è ambientata tra trincee e spoglie colline; mostra una serie di attività belliche delle truppe italiane contro un nemico che non si vede quasi mai, e le relative conseguenze. Temi ed ambientazione non possono non ricordare "Orizzonti Di Gloria" diretto oltre un decennio prima da Stanley Kubrik, universale atto d'accusa contro l'assurdità della guerra; "Uomini Contro" ne è un buon "epigono" da vedere e valutare conoscendo il tempo e comprendendo le intenzioni del regista.
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