Regia di Paul Weitz, Chris Weitz vedi scheda film
Probabilmente il marchio American Pie non è stato preso molto sul serio dalla critica nostrana: in fondo è raro trovare di questi tempi un film capace di creare un prodotto così duraturo nel suo sfruttamento ad oltranza. Dal capostipite del 1999 si possono contare almeno due sequel ufficiali e una mezza dozzina tra spin off, mezzi remake e nuove storie negli ultimi dieci anni, e non è affatto una cosa comune. In più va sicuramente dato atto al filone di aver contribuito a fondare il manifesto culturale di una generazione idiota di cui io faccio parte, considerando il fatto che al centro della scena ci sono degli adolescenti interessati esclusivamente al sesso in tutte le sue derivazioni.
Ora, io non dico che mio padre non avesse un interesse verso il sesso alla mia età, però penso sia stato vagamente più discreto nell’approccio all’argomento: il problema è che la mia generazione ha una spudorata ossessione per il sesso. Vince chi lo fa prima, chi lo fa di più, chi lo fa con più persone. Il perché non lo so, ma purtroppo c’è gente che a causa di questa ossessione dilagante s’è ritrovata traumatizzata a vita e non è capace di un benché minimo approccio normale, per colpa di compagnie che discettano su un solo argomento fino allo sfinimento.
Fatto sta che un film del genere ha certamente contribuito a stimolare ancor di più l’ossessione del sesso nei nati negli anni novanta (poveri noi), anche perché è un film che sembra essere uscito da un pomeriggio comune di una comitiva comune di maschi comuni di un luogo comune: come andare avanti, come rimorchiare, come arrivare al sodo. In concreto ci sono quattro cretini come tanti di noi con differenti caratteristiche (uno è impacciato, un altro è un mezzo intellettualuccio, un altro vuole scopare con la ragazza e un altro ancora è un marcantonio deficiente) ma interessati ad un’unica cosa (che non è né il bridge né il decoupage): il film racconta le loro traversie, tra una web cam che riprende la magra figura dell’impacciato di fronte ad un pezzo di ragazza mozzafiato e un boccale di birra pieno di sperma, fino ad una torta di mele usata per masturbarsi.
C’è però un personaggio da antologia, il cui nome è divenuto proverbiale tra i ragazzi per identificare una milf (cioè una donna matura ancora molto attraente e molto lussuriosa): la mamma di Stiffler, una specie di Mrs. Robinson meno elegante di Sua Maestà Anne Bancroft, che inizia al sesso un amico del figlio. E c’è la solita festa americana in cui succede di tutto e al piano di sopra ci sono mille stanze per andare a fare sesso: ci abbiamo provato in tanti a farle, ma niente, non siamo mica gli americani. Film seminale, ma, si sa, a volte i frutti raccolti non sono i migliori.
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