Regia di Robert Bresson vedi scheda film
Il gran regista francese rappresenta in modo schietto e conciso, drammatico e senza pudori inutili, il calvario terreno di Mouchette, una sfortunata bambina costretta a crescere troppo in fretta tra i dolori di una famiglia troppo problematica per poterla amare, ed una vita di stenti così dura che merita di essere abbandonata. Un capolavoro.
Fine anni Sessanta in un paesino di contadini immerso nella campagna francese.
Mouchette è la figlia quattordicenne di due coniugi non più giovanissimi.
La madre ha appena partorito un neonato ma le sue condizioni di salute si aggravano ogni giorno, e la bimba è costretta ad occupaersi del lattante quasi fosse la sua giovane madre.
Poveri e vestiti di stracci, i familiari di Mouchette vivono la giornata ed il padre si dimostra spesso violento, quasi geloso quando la figlia si attarda con coetanei o ragazzi più grandi che la corteggiano.
Spesso in lacrime, la giovane cede alle moine e alle lusinghe di uno scaltro cacciatore di frode braccato dalle guardie forestali, subendo una violenza sessuale durante una notte di pioggia presso un capanno isolato nella boscaglia, ove la ragazza si attardò incautamente col losco figuro.
Come in una parabola verghiana, le disgrazie e le sofferenze si accaniscono sempre nei confronti dei più poveri e dei più deboli, ovvero di coloro che più appaiono esposti alle incertezze di un futuro concretamente ancora più amaro e duro di quanto le prospettive possano far pensare.
Bresson filma utilizzando la consueta classicità e semplicità di rappresentazione, che acuisce il realismo nella descrizione di una realtà cruda e senza scampo, dominata dal pessimismo e dalla impossibilità quasi matematica, di certo inesorabile, a migliorare la propria condizione sociale acquisita dalla nascita.
Splendida Nadine Nortier, attrice per caso e per l'occasione, come accade in molti altri casi lungo la cinematografia tutt'altro che sterminata, ma di eccellente livello, del grande maestro francese: il suo sguardo imbronciato, attraente e scandaloso che non nasconde le pulsioni percepite da un corpo e da una mente che palpitano di giovinezza e desideri sempre costantemente repressi, risalta magnificamente attraverso primi piani struggenti, che non nascondono né celano la malizia di fondo che si annida naturalmente tra i pensieri turbolenti dei una mente giovane e turbata dalle difficoltà e dalle esigenze primarie di sopravvivenza, sua e del proprio disastrato nucleo familiare.
La sua sete di libertà e di serenità trovano un effimero apice nella scena, stupenda e magistralmente ripresa, dell'inseguimento sugli autoscontrontri, seguita, anzi tamponata con pressante e calcolata precisione dal ragazzo più grande che la corteggia timidamente, apertamente e quasi in modo impudicamente disarmante ricambiato dalla ragazza, estusiasta per essere finalmente notata e, forse, anche fisicamente apprezzata da qualcuno.
Attorno alla giovane solo violenza e sopraffazione: e pure la falsa carità che la ragazza riceve il giorno della morte della madre, è in realtà una mossa studiata da chi offre un aiuto, per tentare di lavarsi la coscienza, ostentando un proprio atteggiamento materno più che altro a fruizione di chi guarda e passa, più che rivolto a colei che veramente necessità di un giovamento.
Mouchette, tornato in qualche sala italiana dal 2 maggio 2016 in una ottima versione restaurata, è un capolavoro assoluto e potente di realismo, nella sua rappresentazione quasi religiosa di un calvario laico che, probabilmente, ma non lo sapremo mai veramente, eleva la sventurata ad una forma di santità laica che la allontana dalla mediocrità elevandola ad una dimensione superiore.
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