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The Hatching - La forma del male

Regia di Hanna Bergholm vedi scheda film

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La recensione su The Hatching - La forma del male

di mck
6 stelle

Corpo libero (e fauci spalancate).

 

 

Hatching” (ovvero la “Schiusa”), in originale “PahanHautoja” (che, traducendolo letteralmente dall’agglutinante finnico dato in pasto a Google, sta per “Tombe Malvagie”, anche se penso possa trattarsi di una parola polisemica composta e/o di un passaggio di significato a colpi di sineddotica similitudine sinestesica e/o di metonimica catecresi metaforica e/o di iperbolica allegoria antonomasica: tombe → riposo/rifugio → nido→ covata/uova → schiusa: “Boh! Ma che ne so?”), l’opera prima nel lungometraggio, dopo cortometraggi ed episodi di serie tv, di Hanna Bergholm (autrice del soggetto, poi sceneggiato da Ilja Rautsi), inizia male, col solito uccello - solitamente un corvide, qui una taccola - che si schianta contro il vetro di una finestra recante seco il suo essere latore di un bolsamente pesantissimo messaggio al contempo premonitorio e ammonitorio [ad esempio l’ultima volta osservato nel ben peggiore “Devil in Ohio”, con la differenza che questa volta non si rende defunto, ma “sopravvive”, rigenerandos’in doppelgänger, o ancora, sempre recentemente, ma in un contesto generale molto meglio realizzato, in "Men" di Alex Garland], ma si riprende subito abbastanza bene, muovendosi lungo le rotte tracciate da film quali “Grave” (“Raw”) di Julia Ducournau e “Thelma” di Joachim Trier.

 


Questo scorcio allegorico di Finlandia (che in questo periodo sta vivendo momenti peggiori con l’orso russo che si gratta la schiena e affila gli artigli sugli alberi al confine, anche se val la pena ricordare la cazzimma dei cecchini lapponi), ovviamente, è da considerarsi indicativo della realtà di quel popolo tanto quanto un leak su Sanna Marin o, per toccare un altro antipode europeo, la Grecia, il “Kynodontas” di Lanthimos, che invece parla dell’Essere Umano tutto (se si è in cerca di un documentario titoli quali “To Rome with Love” e “Favolacce” sono molto più appropriati per indagare il tessuto sociale di un dato agglomerato linguistico di genti).

Via via in maniera più smaccata la metafora, da quasi “palese” (la creatura si nutre del vomito della ragazzina bulimica), si fa esplicita (“Con chi stai parlando?” - “Io? Con me stessa!”), in favor di spettatore “mediuglio”, tanto smaccatamente (oltre ai classici “giochi” di posizionamento della macchina da presa con gli…

 

 

…specchi, le piume nere del megapulcino spelacchiato che diventano ciocche di capelli biondi) quanto più “sottilmente” (il becco/mandibola coi denti del giudizio al fondo delle fauci), per poi però abbandonare la possibilità di una proiezione mentale in favore di una reale incarnazione concreta dell’adolescere più selvaggio (perché compresso e represso da una genitorialità depressa ed egoista).

Ottima prova della giovanissima esordiente assoluta Siiri Solalinna (Tinja/Alli), coadiuvata dalla brava attrice teatrale Sophia Heikkilä (la madre), dal comico televisivo Jani Volanen (il padre, aka “l’idiota in giardino ad isolare le tue rose migliori”), dall’attor-cantante Reino Nordin (l’amante della madre) e da Oiva Ollila (il bimbogigi/fratellino).

 

 

Fotografia di Jarkko T. Laine, montaggio di Linda Jildmalm e musiche di Stein Berge Svendsen.


Animatronica di Gustav Hoegen (in varie faccende affaccendato sui set di “the Hitchhiker's Guide to the Galaxy”, “Prometheus”, “the World’s End”, “Ex Machina” e negli universi espansi di Star Wars e Jurassic Park) e trucco prostetico di Conor O’Sullivan (Saving Private Ryan, Quills, the Hours, Rescue Dawn, the Dark Knight & Rises, Prometheus, Game of Thrones, the Counselor, Exodus: Gods and Kings, Alien: Covenant, Red Sparrow, the Last Duel).

 

 

I momenti involontariamente ridicoli di questa versione finlando-scandinava di E.T. si stemperano in un finale u(lt)r(a)-tragico e para-salvifico.

 

Corpo libero (e fauci spalancate).

* * * (¼) - 6.25     

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