Regia di Paul Schrader vedi scheda film
La necessità di una difficile espiazione personale
Con la sua ultima pellicola, “The Card Counter”, Paul Schrader torna su temi che lo ossessionano da sempre e di cui ha infarcito le sue più belle e migliori sceneggiature, quei capolavori come “Taxi Driver” o “Toro scatenato”, ma anche i film da lui diretti come “American Gigolò” o “Affliction”, e stavolta non scava soltanto nell’anima nera o dannata dei suoi tormentati e insofferenti protagonisti, ma anche nelle pieghe ombrose e malate di una America macchiata da colpe imperdonabili (come le deprecabili torture durante la guerra in Iraq; le torture inflitte e subite nel carcere di Abu Ghraib).
In tutta la vicenda narrata aleggiano gli errori di una nazione, la violenza e le percosse ai più deboli.
L’interessante opera tratta tematiche complesse e profonde come colpa, espiazione e redenzione.
I dilemmi morali affliggono l’anima di persone lacerate, il passato resta prepotente nel loro presente, e le esistenze rischiano di naufragare via per sempre.
Schrader mette in scena, con una regia soltanto in apparenza quieta, un noir disincantato, cupo, rarefatto, vigoroso, che coinvolge e spinge alla riflessione: alle luci al neon dei casinò si contrappone più forte e invisibile il buio tenebroso della psiche del protagonista (un bravissimo Oscar Isaac) sempre persistente e nascosto, ma anche sempre pronto a deflagrare da un momento all’altro, e la sceneggiatura è molto attenta a descrivere le zone oscure che si nascondono sotto ogni bella apparenza, sotto ogni levigata superficie che sia umana, sociale o metafisica.
Il peso delle responsabilità delle proprie decisioni e delle proprie azioni (sbagliate) ti segnano l’esistenza.
E allora, qual’ è il limite (e come saperlo riconoscere) tra sanità e follia mentale, tra corruzione e affermazione morale? Potrà mai esserci veramente una via di salvezza, una possibilità di redenzione tutta personale?
Sono questi i più grandi interrogativi che ritornano più volte e che permeano tutto il film; un film, che tra pregi e difetti, dona solidità alla propria “sostanza”, sa muoversi tra i tanti dilemmi con la chiarezza e la precisone essenziale di una parabola, e sa descrivere fino in fondo il tortuoso percorso che porta dall’inferno al paradiso, tra vie ignote e impreviste…
Non basterà a farlo un capolavoro, ma gli infonde tanta dignità.
Un cinema duro e personale, di cui se ne consiglia la visione.
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