Regia di Paul Schrader vedi scheda film
NEI CINEMA ITALIANI DAL SETTEMBRE 2021
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Martin Scorsese ci invita di nuovo a tuffarci sul vellutato tappeto verde dei Casinò, rimandandoci con i ricordi all’omonimo filmone del 1995 di cui fu regista con a disposizione un cast stellare, di quelli che si vedono sempre più di rado. Qui, per Il collezionista di carte (titolo originale The Card Counter, il contatore delle carte), lo fa in veste di produttore esecutivo a beneficio del settantaseienne Paul Schrader (di recente ho visto, non senza fatica, il suo vecchio Affliction, 1996, di cui a breve vorrei scrivere qualcosa), cineasta del Michigan capace come pochi di trascinare lo spettatore nelle pieghe più tormentate dell’animo di personaggi devastati da vite impietose.
Un ex militare statunitense, complice degli orrori perpetrati ai danni dei prigionieri nel carcere di Bagram, in Afghanistan, torna libero dopo dieci anni di detenzione durante i quali ha affinato una tecnica per contare e memorizzare le carte da gioco. A interpretare il protagonista principale, William ‘Tell’ Tillich, è un ispirato Oscar Isaac (il veemente pilota dei ‘buoni’ Poe Dameron nella saga sequel di Guerre Stellari), bravo a trasmettere col suo sguardo il mix di freddezza e angoscia che pervadono la psiche traumatizzata del reduce di guerra.
Tillich viaggia da Stato a Stato, di casinò in casinò e si mantiene abbondantemente – ma senza eccedere - coi proventi delle vincite ai tavoli di poker e blackjack. Alloggia per poche notti in impersonali, tristi motel, dopo aver tappezzato con lenzuola bianche ogni oggetto della camera da letto. Il suo singolare modus vivendi è ‘spezzato’ dall’incontro con un giovane solitario e introverso, che tuttavia accetta di unirsi a lui in quel ludico e monotono girovagare. In scena, nei panni di Cirk – “con la C” - entra Tye Sheridan, giovane e camaleontico interprete statunitense che ho avuto modo di apprezzare di recente nel piacevole The Tender Bar (2021). I due sono legati a doppio filo dalla condivisione di un segreto celato nell’angosciante passato bellico di Tillich.
Ruolo di rilievo nel racconto sceneggiato dallo stesso Schrader è affidato alla comica californiana Tiffany Haddish – celebre negli Usa soprattutto grazie alla tv – che impersona la conturbante La Linda, sedicente agente per gli affari di campioni di poker bisognosi di sovvenzioni. A completare un cast di più che discreto livello è un sempre incisivo Willem Dafoe (che di recente ho avuto modo di apprezzare in Motherless Brooklyn - I segreti di una città, 2019), chiamato a dar corpo al sinistro e spietato maggiore John Gordo, il cui ruolo fa sgattaiolare dall’ombra i fantasmi che infestano la vicenda umana di Tillich e Cirk.
Il film è una ennesima e valida ricostruzione delle nefaste conseguenze scaturite dai vari conflitti seguiti all’attentato dell’11 Settembre 2001, da quando l’America, nel dichiarare guerra al terrorismo di matrice islamica, ha gettato nella fornace bellica migliaia di persone condannate a perdere per sempre la propria placida ordinarietà. Schrader fa centro perché sa porre limite ai momenti più soffocanti del racconto grazie a un pizzico di ironia e alleggerimento anche sentimentale, aggiunti a dovere. Il lungometraggio è anche una sorta di prova documentaria dell’universo sui generis rappresentato dalle competizioni del gioco d’azzardo. Da vedere, voto 8.
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