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Destini incrociati

Regia di Sydney Pollack vedi scheda film

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La recensione su Destini incrociati

di degoffro
8 stelle

Il dolore e la disperazione per la morte di una persona cara unito allo sconcerto, rabbia e stupore nello scoprire che quella stessa persona aveva una relazione extraconiugale. Per Dutch Van Boerek (un efficace e convincente Harrison Ford, attonito e perplesso al punto giusto), lo smarrimento è totale. Non si può mai conoscere davvero fino in fondo una persona, se anche la propria moglie, la donna con cui si ha il massimo dell'intimità e della confidenza ti tradisce, e anche da tempo, e tu non ti accorgi di nulla. Membro del Dipartimento degli Affari interni della polizia di Washington, Dutch vede crollare ogni sua certezza: la sua natura e indole di segugio e poliziotto, il suo istinto, la sua propensione a cercare sempre la verità, lo portano a indagare, cercare con ostinazione quasi maniacale di capire il perché dell'infelicità della moglie, probabile causa del suo tradimento. Il fatto che non abbia avuto il minimo sospetto di quanto accadeva sotto i suoi occhi, mette in dubbio anche le sue qualità di detective. Diventa per lui un'ossessione divorante scoprire il come, il quando, il perché del tradimento per "chiudere definitivamente il caso". Le sue indagini lo portano ad incontrare Kay Chandler, candidata ad essere rieletta nel New Hampshire. La donna (una toccante ed assai intensa Kristine Scott Thomas, alle prese con un personaggio che sembra parente stretto della protagonista de "L'uomo che sussurrava ai cavalli" di Redford, non a caso complice di tanti film di Pollack) che ha perso il marito (piccola apparizione di Peter Coyote, già marito della Scott Thomas in "Luna di fiele" di Polansky) reagisce in maniera del tutto opposta. Vorrebbe non sapere nulla, non scavare nel passato, non solo per ragioni elettorali, ma anche per la figlia che ha un ricordo meraviglioso del padre. Ma è difficile nascondere la verità, resistere al desiderio di capire o trovare una spiegazione. Sidney Pollack, che compare nel piccolo ruolo del consulente di immagine di Kay, si conferma regista maturo, classico, sensibile e molto elegante. Purtroppo questa volta si trova alle prese con una sceneggiatura, dal romanzo di Warren Adler, adattato da Kurt Luedtke, alla terza collaborazione con Pollack dopo "Diritto di cronaca" e "La mia Africa", che non è all'altezza delle sue notevoli capacità di narratore. Il film per la prima ora e mezza è straordinario, degno del miglior Pollack: convincente la descrizione di una giornata tipo dei due protagonisti, mentre tutti i telegiornali raccontano dell'incidente aereo che poi li riguarderà da vicino; credibili la reazione e la caparbietà sempre più furiosa con cui Dutch ricerca la verità, e lo scavo psicologico che viene fatto del suo personaggio è molto intelligente e realistico; naturale e comprensibile, dopo il viaggio dei due protagonisti a Miami, lo scatto nervoso ed erotico in macchina, dove i due si baciano appassionatamente e con estremo trasporto, così come è splendida la sequenza immediatamente successiva in cui Dutch chiede a Kay se vuole entrare in casa e lei risponde, chiudendo la portiera, di non scherzare. Il film avrebbe dovuto finire qui: l'auto di Kay si allontana e Dutch rientra in casa, nella sua solitudine e sofferenza. Tutto quello che segue, purtroppo, è dispersivo e poco interessante e finisce con il banalizzare una storia fino a quel momento densa, appassionante, molto romantica, condotta nel più puro ed emozionante stile Pollack. Scontata è la relazione che progressivamente nasce tra i due sconfitti, inutile l'indagine poliziesca che coinvolge Dutch, superflui alcuni passaggi come la visita alla baita di Ducth con relativo incontro amoroso, irritanti altri momenti come l'esasperante e non più giustificata ricerca dell'appartamento in cui i due amanti si incontravano. Peccato perché, benché sia stato liquidato con una certa superficialità e supponenza da gran parte della critica italiana che lo ha bocciato senza appello ritenendolo una soap opera fuori tempo massimo, "Destini Incrociati" resta un buon esempio di melò moderno, elegante, rarefatto, con un'attenzione alle psicologie dei personaggi molto rara nel cinema americano moderno. Inoltre con un forte senso autobiografico, considerato che sia il regista che la protagonista femminile hanno rispettivamente perso un figlio ed il padre in un incidente aereo: come dire un dolore autentico e palpabile che Pollack e la Scott Thomas (si veda la tremenda sequenza del riconoscimento dei cadaveri all'aeroporto) hanno reso con estrema partecipazione e coinvolgimento. Infine grande il contributo del prestigioso direttore della fotografia Philippe Rousselot che sceglie colori autunnali e malinconici che ben si addicono allo stato d'animo dei protagonisti e notevoli le musiche dell'esperto Dave Grusin con i toni soft del jazz inframmezzati da tocchi di musica latino americana. Un film non perfetto, ma decisamente sottovalutato e meritevole di una più attenta visione.
Voto: 7+

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