Regia di Pere Portabella vedi scheda film
Il ponte mancante, quello mai attraversato, la possibilità-capacità di andare da una sponda all’altra, la sclerosi che lo impedisce chiudendo porte e finestre a noi, povere monadi di una vita che muore asfittica, come una foresta invasa dal fuoco.
Il passare del tempo modifica la mia capacità di evocare e introduce un nuovo sistema di selezione della memoria. A poco a poco quei ricordi che potrei condividere con gli altri diventano sfocati e quelli che non posso condividere si impongono su di me. Sono ricordi vividi e persistenti, ma non verificabili da chiunque altro. Non ci sono testimoni .... Tutto sommerso nella lentezza e nel silenzio di una memoria lontana. " (dallo script del film)
Il cadavere di un sub è stato rinvenuto fra gli alberi scheletrici di una foresta incendiata, risucchiato dal canadair che raccoglieva acqua dal lago e scaraventato a terra con l’acqua stessa.
Notizia di cronaca che chiude il film, ma la foresta incendiata l’aveva aperto.
L’acqua comincia a scorrere subito, pioggia torrenziale rimbalza sul selciato di una triste città notturna, sembra Berlino est, il film è dell’ ’89, certo il Muro è ancora lì e farà fatica a sparire dalla memoria.
Berlino, per pochi fotogrammi, e Barcellona sono i luoghi.
Nel laboratorio dell’anatomo-patologo alle prese con l’autopsia del cadavere, il sub è disteso senza vita in barella e veniamo a sapere con scientifica precisione quanti e quali traumi provoca essere buttati giù da un canadair insieme a fiumi d’acqua.
Intanto Il ponte di Varsavia – film deve ancora cominciare con tutti i suoi titoli e credit.
Bisogna che prima si svolga il party dove lo scrittore del romanzo, appunto Il ponte di Varsavia, sarà premiato, che il direttore d’orchestra diretto al party assista passando ad un concerto stradale con musicisti sui balconi dei palazzi e il direttore su passerella sopraelevata in strada, che nella cucina del Grand Hotel ancora lui svolga con il cuoco una partita a scacchi solo verbale, e finalmente, quando anche i giornalisti presenti hanno fatto le loro notoriamente stupide interviste agli illustri presenti, il film può iniziare con titolo e quant’altro.
Vari luoghi magnifici di Barcellona fanno da set, il Pavellò di Mies Van Der Rohe, gioco di trasparenze, vetro, ferro, marmo, pietra e acciaio; .l’Aula de musica nel Palau de musica Catalana, fantastico esempio di modernismo catalano, dove l’ organico orchestrale al completo esegue il preludio al secondo atto del Tristano e Isotta; infine, dopo vari quadri viventi ispirati alle bagnanti nude di Ingres, nel coloratissimo mercato del pesce, al Mercabarna, un duetto d’opera si produce in gorgheggi, mentre scorrono panoramiche su magnifiche facciate di un’architettura celebre che fa da contrappunto a riprese della campagna catalana, attraversata dalla coppia in macchina, lo scrittore e la sua donna, esimia prof. universitaria di biologia molecolare marina, diretti al buen retiro dove li raggiungerà il direttore d’orchestra, amante della donna, consenziente il marito, coppia aperta, intellettuali di nuova generazione, progressisti, brillanti, dimentichi.
Una voce esterna parla di ponti, sembra stia leggendo un brano del libro,l’enigma narrativo è tale solo ad uno sguardo disattento e frettoloso, se ripensiamo ad un sogno accade lo stesso, l’enigma prima o poi si scioglie e ci guida ad una comprensione sincrona di storia, preistoria e post-storia.
Operazione rischiosa, può far male, ma aiuta anche a guarire ferite dell’anima.
“Tutto sommerso nella lentezza e nel silenzio di una memoria lontana.”
Quello che accade si trascina dietro quello che è accaduto, cerchi concentrici girano intorno al sasso buttato in acqua in questo quinto lungometraggio di Portabella, dove il surrealismo buñueliano e l’enigma godardiano celebrano i loro trionfi.
Eppure è tutto molto chiaro, semplice, immediato.
Ottima musica, belle opere dell’uomo nelle varie forme d’arte, incursioni dotte nelle scienze biologiche e mediche, cosa manca? sembra dire Portabella.
Con venature non sempre occulte di parodia del cinema commerciale contemporaneo, a vent’anni dal primo lungometraggio, Nocturno29, “il cinema mainstream ha sostituito Franco come potere da sovvertire” hanno detto di lui.
“Per concepire un film, ho sempre bisogno di mettermi davanti a un foglio bianco. È la strada più breve per lo schermo vuoto, con le migliori condizioni. In un certo senso, è come lavorare direttamente sullo schermo stesso. Si tratta semplicemente di lasciare che una situazione, un evento fortuito, un punto di partenza, cada sulla pagina bianca, nero su bianco, una macchia. Un centro attorno al quale si intreccia poi la storia. " (Portabella, iniziando una conferenza del 2009 e presentando il suo sito web, pereportabella.com.)
Il punto di partenza questa volta è il ponte, quello mancante, quello mai attraversato, la possibilità-capacità di andare da una sponda all’altra, la sclerosi che lo impedisce chiudendo porte e finestre a noi, povere monadi di una vita che muore asfittica, come una foresta invasa dal fuoco.
www.paoladigiuseppe.it
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