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Addio terraferma

Regia di Otar Ioseliani vedi scheda film

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La recensione su Addio terraferma

di Peppe Comune
8 stelle

In un castello poco fuori la città di Parigi vivono, un vecchio nobile (interpretato da Iosseliani) detito al vino e con la passione per i trenini elettrici, la moglie (Lily Lavina), una donna avida di potere che si sposta in elicottero per le sue commissioni, e il figlio Nicolas (Nico Tarielashvili), che girovaga per la città in compagnia di vagabondi e ladruncoli ed è alla continua ricerca dei lavori più umili. Poi c'è un Marabù, un "uccello filosofo" (come spiega lo stesso Iosseliani) che osserva calmo le miriadi di volgarità che gli capita di assistere a cui oppone la semplice ed elegante apertura delle ali.

 

 

L'opposizone al rampantismo predatorio che ha preso corpo nell'edonistica società dei consumi può avere la lucidità di occhi spalancati sul flusso continuo degli eventi e il tocco lieve di una frase sussurrata e mai gridata, suggerita e mai imposta. Otar Iosseliani è un maestro di leggerezza che si diverte a capovolgere il senso delle cose per cercare di ricondurle alla loro essenza originaria. Dietro l'apparente gaiezza, il suo cinema è continuamente percorso da un senso di profondo sconforto per la rinuncia all'utopia, per la perdita dell'innocenza. In "Addio terraferma"c'è il solito flusso di situazioni rimaste inevase che si rincorrono, personaggi dalla variegata umanità, il solito intreccio di suoni, canti, rumori, un mondo, insomma, tanto difficile da comprendere, quanto capace di fornire segni indagatori sulle malattie sistemiche che riguardano il nostro tempo. Un mondo alla deriva a cui si può opporre, o la scelta di Nicolas, di voler ricercare tra i marginali il buon gusto delle cose semplici, gli antitodi contro la prepotente volgarità della madre e dei suoi amici, oppure la rinuncia alla vita dell'anziano padre che si è rintanato nella sua stanza ad osservare trenini che girono sempre intorno senza condurre mai da nessuna parte. Scelte estreme eppure insufficienti, perchè non possono sfuggire all'inquinamento incipiente che ha infestato anche le loro sedicenti oasi di serenità. Forse l'unica cosa che si può fare è salpare in alto mare per allontanarsi dalle sponde maleodoranti della terra ferma. Il titolo originale è infatti " Adieu, plancher des vaches", un motto gergale usato dai marinai che letteralmente significa "addio pavimento delle vacche". Voler cercare un senso lineare al cinema di Iosseliani è come voler impedirsi il gusto di lasciarsi trasportare dalla poesia su sponde sempre diverse e sempre belle. Il suo cinema ha i connotati di un mosaico i cui pezzi sono tra di loro interscambiabili e scomponibili. Se vi si rimane affascinato, è possibile ricomporlo in una delle sue esatte forme, in uno dei diversi modi possibili con cui l'autore georgiano ci suggerisce di riprenderci la nostra dignità di uomini liberi, di salpare le ancore da un mondo che appartiene sempre meno al genere degli uomini semplici. Con garbo, senza saccenteria.

 

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