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The Sixth Sense. Il sesto senso

Regia di M. Night Shyamalan vedi scheda film

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La recensione su The Sixth Sense. Il sesto senso

di Antisistema
7 stelle

Pellicola che piomba nel mondo della cinematografia come un filmine a ciel sereno, lanciando dall'oggi al domani il nome del regista Night M. Shyamalan, Il Sesto Senso (1999), considerato a torto come il debutto del regista, visto che il successo clamoroso oscurò la fama delle sue precedenti opere, tutt'oggi misconosciute ed introvabili nonostante il nome famoso in cabina di regia, bisogna dire che a distanza di oltre 20 anni dalla sua uscita pur meritando la fama e l'aura di cult, in realtà visto retrospettivamente, a dispetto degli enormi elogi all'epoca da parte della critica americana, gli enormi incassi di oltre 670 milioni di dollari a fronte di un budget di appena 40 milioni, conditi da ben 6 nomiation agli oscar tra cui miglior film, regia e sceneggiatura; risultati lusinghieri per un film di genere thriller soprannaturale con venature orrorifiche qua e là (non un horror tout court come ancora oggi etichettato da molti), dove il cineasta si interroga sullo scopo dell'essere umano bisognoso di un posto nel mondo, la destabilizzazione dei rapporti inter-familiari, l'incomunicabilità, la funzione salvifica dell'infanzia e la possibilità di una seconda occasione nella vita, tramite la figura dello psicologo infantile Malcom Crowe (Bruce Willis), il quale dopo aver fallito malamente con un paziente, che da adulto lo ha accusato di non averlo guarito dalle sue allucinazioni, cerca occasione di riscatto tramite il piccolo Cole (Haley Joley Osment), un bambino di 9 anni che vive con la madre Lynn (Toni Colette), avente la capacità di vedere i morti, cosa che giustamente lo terrorizza e lo fa rinchiudere sempre più in sè stesso, anche a causa del fatto che nessuno ovviamente gli creda, gettandolo in una spirale costante ansia e terrore, poichè il suo "potere", gli permette di vedere tali fantasmi nell'istante stesso in cui sono morti, consentendo così a Shyamalan di giocare con una serie di inquietudini e turbamenti, ma non troppo eccessivi, adottando il punto di vista infantile in tali occasioni, anche se la regia si focalizza sempre sulla percezione da parte dello psicologo Malcom Crowe, il quale cerca di far si che tale potere, venga sentito e sfruttato dal ragazzino come un vero e proprio dono, per controllarlo ed usarlo così a scopi e fini migliori; in questo quindi risiede sin da subito il nucleo del cinema di Shyamalan, sfruttare l'elemento fantastico nell'ordinario, per allievare se non addirittura risolvere le sofferenze umane, giungendo quindi ad un nuovo umanesimo che tramite l'irrazionale, trova nuova forza. 

 

Bruce Willis, Haley Joel Osment

The Sixth Sense. Il sesto senso (1999): Bruce Willis, Haley Joel Osment


Questa incomprensione di tale elemento sin dal suo primo film "forte" da parte della critica, ha accompagnato sino ad oggi la totale incomprensione della stragrande maggioranza dei critici e del pubblico (che comunque per quanto contestatario, molto volte è accorso al cinema a vedere le opere del regista), i quali hanno sempre comparato ogni sua opera successiva a tale lavoro, considerato da loro perfetto in virtù della costruzione della trama in stile puzzle dove le tessere vanno messe al loro posto, il colpo di scena finale (in verità intuibile a metà film, anche se sono contento di esserci arrivato da solo senza mai essermelo fatto sputtanare da nessuno) e la componente horror; in verità a proposito di quest'ultima, spesso risulta banalotta nella sua costruzione, con qualche jump-scare di troppo o immagini risapute come di una donna che passa con andatura celere innanzi ad una porta aperta, meglio quando il regista abbraccia il lato più strano-umanista in ambito orrorifico, tipo con la piccola Kyra che vomita causa avvelenamento o gli impiccati a scuola, giostrando su scelte estetiche marcate con un'atmosfera generale fredda, dove sembra essere immersi in un'eterna sospensione, che può venir meno solo con con l'atto di credere all'altro, cosa difficile per una mente razionale sfasciata di ogni certezza e inebriata dal proprio successo professionale, come quella di Crowe, il quale parallelamente vive anche una crisi con la moglie, che sembra totalmente indifferente alla sua presenza quando le sta vicino o comunque tenta di imbastire un discorso, perchè quello che manca nella società odierna e peggiorerà nel corso del tempo è l'ascolto dell'altro, perchè tanto vivo o morti, ad ognuno sembra fregare niente dell'altro, chiusi tutti in sè stessi. 
Shyamalan nonostante l'atmosfera inquieta creata, anche se realizzata in modo commerciale e un risaputo nella messa in scena, venendo in ciò aiutato molto dal direttore della fotografia Tak Funjimoto e dalle composizioni di Howard, giunge comunque a delle soluzioni umaniste e di ascolto empatico nelle domande poste, smarcandosi quindi dalle solite conclusioni delle opere del genere, trovando in un sommesso e credibile Bruce Willis quanto in uno spontaneo Joley Osment due interpreti fondamentali; però nonostante ciò, l'alone di opera troppo esaltata non scompare del tutto, poichè il regista otterrà risultati di maggior rilievo nelle successive opere dove saggiamente deciderà di abbracciare totalmente il lato "weird" e assurdo del proprio cinema, creando una miscela personale, che altrimenti ne avrebbe fatto solo un clone di medio-alto livello di Alfred Hitchcock (a cui sempre si richiama), trovando così una sua strada con alti e bassi, ma spiazzando una critica ed un pubblico, che si aspettavano da lui evidentemente una miriade di altre opere sulla scia del Sesto Senso con annesso colpo di scena finale, con una formula facilmente replicabile e forse anche facile da tentare.

 

Haley Joel Osment, Toni Collette

The Sixth Sense. Il sesto senso (1999): Haley Joel Osment, Toni Collette

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