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I Am Really Good

Regia di Hirobumi Watanabe vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su I Am Really Good

di alan smithee
7 stelle

FEFF 22 - HIROBUMI WATANABE
L'orgoglio di aver saputo affrontare con risultati piuttosto risolutivi i piccoli grandi problemi che assillano la mente di una bambina durante una sua giornata come tante, diventa il filo conduttore e l'essenza stessa del piccolo film scritto, prodotto, interpretato e concepito dal regista Hirobumi Watanabe assieme ad una schiera infinita di altri Watanabe come lui, che ci fa pensare ad una coesa e meditata operazione in famiglia.
Il regista segue, privilegiando le amate riprese tallonanti da dietro con l'individuo ripreso in movimento e di schiena, la protagonista bambina mentre si reca dapprima a scuola assieme ad altri compagni, parlando tranquillamente di cibi e cose buone da mangiare, e poi durante il tempo libero a casa, nel pomeriggio, quando sola assieme al fratello e ad un anziano dormiente che probabilmente è il nonno, si accorge che l'amica di scuola ha lasciato presso di lei il materiale inerente i compiti a casa, e si avvia a cercarla a casa per restituirle gli oggetti. Dovrà compiere due giri, non trovandola al primo, ma assillata dal senso del dovere di restituirli in tempo.
nel frattempo sia a casa sua, sia a quella dell'amica, un programma televisivo si sofferma sullo stato di salute del sistema previdenziale, definito precario dallo speaker a causa di un invecchiamento progressivo della popolazione, non supportato da un ricambio di persone lavorativamente attive e produttive sufficiente a supportare l'onere sociale di mantenere i pensionati in essere.

Non c'è molto altro in questo piccolissimo lavoro, che tuttavia, nel suo esplosivo bianco e nero, nelle riprese paesaggistiche che si soffermano sulla natura per nulla artefatta o abbellita del circondario, ci ricordano certe tecniche di ripresa e rappresentazione tipiche della Nouvelle Vague francese, con un particolare, spiccato interesse per la rappresentazione dell'introspezione di una gioventù tutta presa nei propri dilemmi e nelle problematiche che, a quella età, paiono come ostacoli quasi invalicabili o comunque assai ostili ed impervi.
Non contento, il pingue Watanabe si ritaglia un piccolo ruolo di venditore abusivo di libri per l'infanzia, colto in due occasioni a tentare di spillare soldi ai piccoli studenti, salvo poi ritrattare tutto goffamente ed ingenuamente, una volta a conoscenza che il padre della protagonista è un poliziotto in piena attività.
Visivamente accattivante nel suo abbagliante bianco e nero, nel fluente e quasi magnetico incedere del percorso della orgogliosa e responsabile protagonista, tallonata a vista da una macchina da presa indagatrice e curiosa, il piccolo film di Watanabe strizza l'occhio e probabilmente fa il furbo giocando con lo spettatore, incantandolo con un mix di riprese semplici ma ipnotiche che è impossibile possano lasciare freddi od insensibili.
Scelte per nulla casuali, frutto di un atteggiamento ironico che comprenderemo meglio una volta maturata una conoscenza più compiuta di questo eccentrico ma interessante giovane autore. 
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