Regia di Vincent Le Port vedi scheda film
CINEMA OLTRECONFINE / FESTIVAL DI CANNES 74 - SEMAINE DE LA CRITIQUE
Ad inizi '900, un timido seminarista figlio di umili contadini, si reca al commissariato confessando l'uccisione di un bambino.
Il corpo della vittima, ritrovato poco dopo nel bosco grazie alla segnalazione del colpevole, aprirà l'inchiesta sulle ragioni che hanno spinto il giovane assassino incensurato nemmeno maggiorenne a compiere un gesto così tragico e cruento: la morte è avvenuta a seguito di alcuni fendenti al collo, e poi, non contento, l'assassino ha infierito sul corpo della vittima fino a decapitarla.
Una commissione di studiosi e psicologi esperti in comportamenti dell'infanzia, cerca di indagare sulel ragioni che hanno spinto il ragazzo ad un simile gesto cruento, e per farlo inducono il ragazzo a raccontarsi.
Costui, ragazzino timido, riservato, ma assai intelligente ed istruito, preferisce rispondere per iscritto alle domande dei medici che lo interrogano ed incalzano, e grazie alle sue testimonianze precise e ben espresse, cercano di fornire un ritratto di una sorta di figura di mostro consapevole dei propri istinti, impegnato in una lotta costante, a partire dall'adolescenza, a tenere a bada i propri istinti sessuali e delittuosi, che si identificano e concentrano in un desiderio inscindibile che vede il sesso accomunato alla morte, come sintesi di un piacere definitivo ed implacabile, a cui il ragazzo, nonostante gli studi religiosi, non è mai riuscito ad allontanarsi per potersene sbarazzare.
Nel secondo, tragico, lucido e per certi versi sconvolgente film del regista Vincent Le Port, la tentazione si rivela un elemento invincibile da cui l'uomo può solo farsi manipolare e traviare, fino al raggiungimento di quell'obiettivo sciagurato che, solo dopo essere incorsi nel delitto da tempo premeditato, sognato, persino agognato come fonte di piacere esclusivo e subliminale, si rivela per quello che è realmente: un atto atroce, inutile, per nulla in grado di fornire, a chi se ne è reso autore, quel tanto ambito stato di soddisfazione duratura che il progetto, a lungo paventato e trasfigurato, prometteva di conferire al suo sciagurato autore.
Il film bello e sconvolgente di Le Port si rivela in grado di analizzare la tragica maturazione di un omicidio efferato e scientemente predeterminato con una lucidità matematica che gli impedisce inutili autocensure e fuorvianti addolcimenti.
Di trattare lucidamente tematiche come l'omosessualità repressa del protagonista anche anche a causa del contesto severo e chiuso in se stesso del seminario in cui il ragazzo si vede catapultato, senza che la circostanza possa in qualche modo strumentalizzare la tragica vicenda o condizionarne semplicisticamente o puerilmente le ragioni.
Molto valida la prestazione dell'inquietante giovane protagonista, Dimitri Doré, che si fa carico di trasferire sullo spettatore i dettagli inquietanti, ma anche per certi versi così umani, di una figura di carnefice vittima della sua stessa idealizzata e distorta visione di un piacere che è frutto di un flusso incontrollato di impulsi omicidi e sessuali, attraverso cui il giovane disgraziato protagonista si illude di raggiungere l'idealizzazione di un amore assoluto.
Un valore di cui il ragazzo ha sempre e solo sentito parlare nell'esperienza di studio, e che si convince di poter trasfigurare in questo suo devastante istinto omicida.
Molto accurato e credibile anche il contesto contadino che fa da sfondo alla vicenda, e l'ambiente da seminario che non riesce a comprendere minimamente le problematiche che si celano dietro quella figura ritrosa e schiva di ragazzo, sulla carta studente modello ed esente da ogni più lungimirante sospetto in grado di poter evitare il devasto a cui il ragazzo andrà incontro.
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