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Una quindicenne un po' timida e riservata di nome Liz, viene scelta per entrare a far parte di un team sportivo scolastico impegnato a trovare nuovi talenti da portare alle prossime Olimpiadi.
Con alle spalle diversi problemi relazionali con la madre single, più disposta a concentrarsi nelle proprie avventure amorose che ad occuparsi della giovane figlia in quella sua fase post-adolescenziale del tutto cruciale, Liz verrà notata dal severo allenatore Fred, che ne percepirà le doti, e ne farà la sua paladina, trasformando la propria attenzione professionale in un qualcosa di decisamente più morboso ed improprio.
A quel punto, stressata dalla responsabilità che la attanaglia, impaurita per la sconvolgente piega che la sua relazione sta per prendere col suo tutor, Liz si troverà a dover maturare in solitudine, dominando la pressione e l'ansia crescenti, cercando di trovare una soluzione ai suoi dilemmi, apparentemente senza soluzione, facendo forza sulla propria e fino quel momento sottostimata determinazione.
Non è tanto un film sullo sport agonistico, questa interessante, ma certo non particolarmente innovativa od originale opera prima della regista francese Charlene Favier, quanto piuttosto uno studio introspettivo sulle capacità del singolo di dominare le tensioni e le ansie che, ognuno a modo proprio, sconvolgono le esistenze di vite adolescenti nell'affrontare a viso scoperto le incognite, e le relative spesso ardue responsabilità, di una vita tutta in salita.
Nel film emerge in particolare la efficace interpretzione di una quasi-diva, la giovanissima Noée Abita scoperta ed apprezzata in Ava alla Semaine de la Critique di Cannes nr. 70, e poi rivista in Genenis di Philippe Lesage, 7 uomini a mollo e My days of glory, di Antoine de Bary.
La affianca, torvo e irrisolto, l'ottimo Jeremie Renier in un ruolo ingrato ed oscuro che il noto attore riesce a centrare con la ormai nota professionalità.
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