Regia di Pascual Sisto vedi scheda film
Nella comfort zone di un'ovattata ambientazione domestica di silenzi a tavola,mostri sotto al letto,impegni sportivi coatti ed elusive risposte condiscendenti,si allevano cuccioli umani costretti ad una docile cattività, destinati a guadagnars da adulti il diritto di reinventare se stessi ma privati delle inespresse potenzialità dell'infanzia.
La scoperta di un bunker sotterraneo lasciato incompiuto nel bosco che circonda la sua confortevole abitazione borghese, è l'occasione propizia che il piccolo John coglie al volo per ristabilire un nuovo equilibrio nei rapporti con i suoi familiari.
"Ero un bambino, cioè uno di quei mostri che gli adulti fabbricano con i loro rimpianti"
Non il potere, né la libertà e neanche la giustizia ma l'etica che governa i rapporti familiari è il nucleo centrale di questo thriller psicologico con sfumature da futuribile apologo sociale, opera prima dell'artista visivo Pascual Sisto che mette in scena in modo molto convincente un racconto dello sceneggiatore Nicolás Giacobone.
Se la metafora del bambino come 'vaso di fiori' cara a Sartre ricorre con curiosa allusività (forse inconsapevolmente) nell'ambientazione naturale di una magione circondata da un bosco e nel contrappasso della presenza inquietante di una buca incustodita in cui ficcare qualcuno a cui si vuol dare una lezione (che si vuol far crescere dritto/raddrizzare) , il racconto morale di Sisto/Giacobone esplicita fin dalle prime scene la cogente asimmetria nel rapporto tra gli adulti ed il piccolo di casa; l'oggettiva messa in tutela di una personalità cui, insieme alla soggettività, viene negata qualunque possibilità di esprimere autorevovolmente la propria visione del mondo ed i propri sentimenti, compresi quelli di frustrazione che una condizione del genere possono generare in una sensibilità particolarmente precoce (la significativa scena della palla da tennis contro il soffitto). Nella comfort zone di un'ovattata ambientazione domestica di silenzi a tavola, mostri sotto al letto, impegni sportivi coatti ed elusive risposte condiscendenti, si allevano cuccioli umani costretti ad una docile e silenziosa cattività, destinati a guadagnarsi solo appena più adulti il diritto di reinventare se stessi in una dimensione soggettiva foriera di angosciosi dilemmi esistenziali, ma definitivamente privata delle molteplici possibilità che un'infanzia appena più libera avrebbe consentito loro. La via d'uscita sembra qui configurarsi come un'alternativa thrilling al classico delitto domestico ed il cui ribaltamento di prospettiva, operato con un excursus narrativo di verosimiglianze assortite, si scioglie nell'agnizione finale di un legame amoroso che fa da collante alla momentanea disgregazione dei ruoli e dei reciproci rapporti di fiducia, per restituire i nostri personaggi ad una rinnovata consapevolezza dei legami familiari e ad un significato completamente nuovo dei silenzi a tavola. Il fallimento di un sistema educativo assurto a paradigma etico di un modello familiare visto nella prospettiva di una contingenza storica destinata a cambiare secondo una particolare distopia tra le tante possibili , sta nell'enigmatico controcanto del racconto che di questa storia sembra fare la madre 'snaturata' alla sua piccola da abbandonare a se stessa il prima possibile; la messa a dimora di una morale favolistica che ammicca con crudele ironia a vestigia pedagogiche di cui sembra essersi conservata solo la forma ma che risulta radicalmente riformata nella sostanza e dove finalmente si attribuisce al bambino la responsabilità di un'autonomia e di un'autodeterminazione che il piccolo eroe della fiaba per primo conquistò alla loro genie bistrattata.
Selezionato per il Festival di Cannes 2020 ridimensionato per la pandemia e presentato al Sundance Film Festival 2021, ha conquistato un premio per il regista emergente al Palm Springs International Film Festival 2021.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta