Regia di Gianfranco De Bosio vedi scheda film
Il film è assai più importante per il quadro che offre sul dibattito politico che caratterizzava al suo interno il CLN (e le sue varie sezioni locali: ad un certo punto il rappresentante liberale rimprovera a quello comunista «qui siamo a Venezia, non in Toscana o in Emilia Romagna»), con le difficoltà di rapporti con i "gappisti", che spesso si trasformavano in schegge impazzite ed incontrollabili. Ancora oggi, è difficile stabilire se alla causa patriottica abbiano giovato di più le azioni dei partigiani o la presenza di comitati rappresentativi dei partiti antifascisti. Ma nel film di De Bosio (regista eminentemente teatrale, come il suo cosceneggiatore Luigi Squarzina) viene alla luce anche un'altra questione che continua ad essere dibattuta fino ad oggi: di chi fu la responsabilità delle rappresaglie naziste? I responsabili degli attentati contro le forze armate tedesche avrebbero o meno dovuto presentarsi per evitare le rappresaglie secondo la ben nota regola dei "dieci italiani per un tedesco"? Secondo l'ingegner Braschi (Volonté) il problema non si pone e, con un ennesimo attentato, fa naufragare la trattativa che il CLN veneziano, attraverso i contatti del rappresentante democristiano cone le gerarchie ecclesiastiche, tentava di mettere in piedi con i comandi tedeschi, per evitare la fucilazione di dieci innocenti arrestati per l'azione antitedesca che apre il film.
Un film antiretorico, ben diretto e ben interpretato, nel quale la povertà produttiva non si traduce nella sciatteria che ha spesso caratterizzato certo cinema italiano. Il terrorista è, fra l'altro, uno dei pochi film che ha saputo utilizzare benissimo Venezia, al di là dei suoi cliché abusatissimi, in Italia come all'estero.
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