Regia di Gianfranco De Bosio vedi scheda film
Venezia,1943. In seguito ad un attentato dinamitardo contro la sede di un comando tedesco, viene ordinata una dura rappresaglia in città con l'ordine di consegnare gli esecutori materiali dell'atto "terroristico" pena l'uccisione indiscriminata di cittadini innocenti secondo la nota regola del dieci italiani assassinati per ogni tedesco morto. I membri cittadini del Comitato di Liberazione Nazionale discutono animatamente sul da farsi e, non senza contrasti, arrivano alla conclusione di chiedere, attraverso la mediazione del Patriarca, la consegna degli ostaggi in cambio della cassazione degli attacchi dinamitardi. Il problema ora diventa quello di mettersi in contatto con Renato Braschi detto "l'ingegnere" (Gian Maria Volontè), un esponente del Partito d'Azione che è l'esecutore materiale degli attentati nonchè la mente organizzativa dell'intera resistenza veneziana. Ma l'ingegnere non si trova e lui è un uomo assai risoluto e molto abituato ai metodi della lotta clandestina.
Gianfranco De Bosio ha un estrazione spiccatamente teatrale e si vede, perchè "Il terrorista" pecca in staticità e non sempre la lentezza riesce a non apparire come un difetto strutturale. Penso tuttavia che questo sia un rischio calcolato e anche voluto probabilmente, per dare più risalto alla matrice teorica e alle cause psicologiche della lotta di liberazione che agli effetti "spettacolari" degli attentati. L'azionismo militante è il motore dell'intera storia, ma allo scoppio delle bombe (che pure vediamo), che ne rappresentano il corollario necessario, si preferisce la riflessione critica che ne giustifichi la natura contingente e ne legittimi il ruolo storico. Questo rende il film scomponibile in due settori tra loro speculari. Da un lato, abbiamo le lunghe discusioni tra i componenti del CNL, dalle quali emergono, sia le diverse anime che lo componevano (quella attendista dei Liberali, quella "moderata" dei centristi democristiani e quella azionista dei partiti di sinistra), che lo sforzo sincero di farle coaugulare tutte nella comune finalità di abbattere il regime naifasciata. Dall'altro lato, si segue il peregrinare "clandestino" dell'ingegnere (un Volontè come al solitio eccellente nell'aderire alle caratteristiche dei personaggi che gli viene chiesto di interpretare), che incarna la difficoltà di trovarsi ad essere un freddo calcolatore di azioni militari senza averne, ne la formazione culturale ne tantomeno l'indole morale. Il suo coraggio è quello che scaturisce dalla libertà oltraggiata, la sua fede rivoluzionaria nasce dalle ceneri di una nazione umiliata. La tensione morale che lo riguarda è la medesima che riguarda la natura dialettica di un intero movimento, chiamato dall'urgenza del momento storico a prendere velocemente importanti decisioni, stretto com'è dalla necessità di continuare la lotta clandestina se si vogliono smuovere le acque stagnanti dove fertilizzano le forze reazionarie della conservazione (ieri come sempre) e dal ricatto che pesa sulla sua coscienza (e di ogni resistente) per il fatto che il nemico lo fa sentire vigliaccamente responsabile della morte comminata a persone estranee alle sue azioni di guerriglia. Un film solido direi, ben interpretato soprattutto, che rifugge dalla retorica di maniera proprio perchè tende ad essere più un film illustrativo che un film a tesi, didascalico talvolta, ma onestamente incline a restituire bene il clima teorico e psicologico insieme della Venezia occupata. Insomma, rientra ampiamente nella categoria dei "film storici" che mi sento di consigliare, di quelli che sanno offrire un apporto non convenzionale ad aspetti fondamentali della nostra storia.
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