Regia di Hubert Cornfield vedi scheda film
Bellissimo film a sfondo psicanalitico e sociale in forma di lungo flashback, ricco di eccellenti trovate visive, almeno secondo me.
Peter Falk fa la parte di uno psichiatra che vuole essere sollevato dall'incarico ricevuto dal suo capo, Sidney Poitier, che insiste affinchè continui la cura di un ragazzo. Ma per Falk è troppo, arriva perfino a chiedere di essere esentato:
"E se io invece non la sollevassi dall'incarico?
"Bè, allora me ne vado....dico sul serio...e non mi importa!"
La serietà con la quale vengono pronunciate queste parole è la molla che spinge Poitier a raccontare di un caso altrettanto difficile affidatogli venti anni prima, che lo costrinse a lasciare il posto quando era primo psichiatra in un penitenziario federale, in piena guerra, nel 1942: il paziente era bianco, ventinovenne, condannato a tre anni per sedizione.
Bobby Darin entra nello studio dello psichiatra di colore, e ride...
Darin: "Me ne frego di quel che pensa"
Poitier: "Perchè?"
Darin:"Perchè lei è un negro"
Poitier non reagisce, e dopo che il paziente ha manifestato il desiderio di andarsene, prosegue:
P: "Lei è libero di andarsene, ma... prima di andarsene, mi dica...cosa ha contro noi negri?"
D: "Ci tiene a saperlo?"
P: "Ci tengo a saperlo."
D: "E voi che avete contro noi bianchi? Ecco la risposta."
Dopo la prima impressione, lo psichiatra decide di tenerlo in una cella isolata. Qui Darin comincia ad avere forti segni di disagio - ben differenti dall'immagine che vuol proiettare - vede sè stesso aggrappato al buco del lavandino nel disperato tentativo di non essere risucchiato, e non riesce a dormire.
Poitier aveva chiesto di non seguirlo, ma il suo capo glielo chiede con insistenza - dopotutto fu lui a fargli dare l'incarico, nonostante fosse di colore - quindi le sedute continuano.
Dopo il solito approccio arrogante del paziente, che durante la seduta non può evitare di mostrare una crisi, Poitier fa una buona mossa e ne guadagna la fiducia:
D: "Può aiutarmi?"
P: "Non lo so. Devo saperne di più su di lei"
Meraviglioso il movimento di camera a questo punto: esce lentamente dalla stanza, ora l'ufficio si vede dietro le sbarre alla finestra e via via sempre più lontana, fino a che tutto è buio (la voce di Poitier comincia fuoricampo a raccontare quello che ha scoperto sul paziente), e appare un bambino in campo nero . Sempre su sfondo nero, appare la figura del padre, macellaio, in mezzo alle carni appese... il tutto è molto spettrale...il bambino indietreggia lentamente e, al primo schiaffo ricevuto dal padre minaccioso, appare l'interno dello studio psichiatrico (sempre con sfondo nero) con Poitier che osserva la scena e Darin sdraiato sul lettino che parla con voce di bambino.
"Non volevo piangere, avevo promesso a me stesso che non avrei pianto. Perchè non volevo essere come lei..." (come la debole madre).
L'infanzia del giovane internato - che aveva frequentato il partito nazista americano e predicato il sovvertimento violento del governo - era stata un vero inferno. Chiuso in un disperato isolamento
"Faceva finta che la sua solitudine fosse qualcosa di speciale, decisa da lui...si era creato un immaginario compagno di giochi"
al quale imponeva la stessa assoluta sottomissione che toccava a lui. Bellissima anche questa sequenza, i due bambini insieme su colline irreali ed isolate si vedono sempre inquadrati dal basso: la pipa nelle mani del ragazzino diventa un coltello col quale minaccia la vittima, poi una pipa dalla quale beve come il padre alcolizzato.
Ma le sue fantasie non finivano qui. Si vedeva "nelle vesti di un potentato orientale", in groppa ad un elefante, che con un solo battito di mani poteva ordinare l'uccisione di sua madre facendole mettere la testa sotto la zampa della bestia che cavalcava. Dopo l'ennesimo sopruso di suo padre, scappò di casa quindicenne, e la sua vita fu dura:
D. "A volte facevo cose che erano perfino indegne di un bianco..." (pausa lunga) "Scusi, volevo soltanto dire..."
P: "Oh, lasci andare"
Ma Darin lo ha colpito nell'orgoglio, furioso cerca di liberarsene lamentandosi nuovamente con il capo, ma questi nuovamente insiste affinchè continui a curarlo. Darin accampa motivazioni su motivazioni per sostenere il suo credo sovversivo:
D:"Mi dica, dov'è una menzogna più grossa di quella su cui è fondata l'America? Tutti gli uomini sono creati uguali... e il principio su cui è basato il paese, è esatto? Per quel che la riguarda, la costituzione americana potrebbe benissimo averla scritta un umorista. E' tutta da ridere! Che cosa avete? Che cosa potete fare? Potete salire su un autobus , su un tram o su un treno e sedervi con un pò di dignità come esseri umani, come uomini liberi?"
Alla fine si libera dell'incubo del lavandino, quando individua l'uomo nel lavandino come suo padre.
"Quando ero ragazzo ci stavo sveglio alla notte a pregare che morisse e visto che non moriva pensavo al modo di ucciderlo, io sognavo di metterlo sul suo bancone e di farlo a pezzi, di farlo a pezzi!"
A questo punto, visti i miglioramenti, i vari psichiatri si consultano e decidono di metterlo in libertà, ma Poitier si dichiara sfavorevole. Secondo il suo parere, sta meglio, ma non ha cambiato niente della sua personalità profonda.
Allora decidono di radunarsi in consiglio, interrogando direttamente il paziente, e questi ha buon gioco nel recitare la parte del ravveduto, e a far passare Poitier come un uomo pieno di rancore contro di lui a causa delle prime sedute in cui si dimostrò apertamente razzista. Viene messo in libertà, e lo psichiatra decide di fare le valigie.
Prima di andarsene, Darin gli fa un'ultima visita, dichiarandosi dispiaciuto di avergli fatto perdere il posto.
"Ha visto come sono andate le cose, no? Pressapoco come le avevo predetto io. A chi hanno creduto? Quella gente con la quale lei lavorava a chi ha creduto, al pezzo grosso negro che dovrebbe dirigere la baracca, o a un americano cristiano bianco?"
A questo punto segue una lunga risposta di Poitier che non mi convince totalmente, secondo lui in America esisterebbe qualcosa di così grande e forte da garantirgli comunque una possibile vita futura dignitosa, e anche abbastanza forte da togliere di mezzo - quand'anche ce ne fossero - milioni di persone come Darin.
Peter Falk chiede al capo se avesse più saputo niente del giovane paziente, e Poitier risponde che fu giustiziato circa dieci anni dopo, per aver ucciso di botte - senza motivo - un anziano.
Falk decide dunque di restare al suo posto.
Il film è stato prodotto da Stanley Kramer, uno che ha sempre curato con grande intelligenza la qualità dei suoi film. Anche qui, a mio avviso, ha investito bene, nonostante qualche nota stonata (ma di quelle che non disturbano lo svolgimento del pezzo) la pellicola rimane non meno che eccellente - ben scritta, diretta, recitata, con una scenografia adatta alla situazione, trovate visive sorprendentemente belle.
Non credo abbia importanza il fatto che le spiegazioni psicoanalitiche siano corrette o meno, magari sono grossolane, ma funzionali al film. Per quel che mi riguarda, si può benissimo mentire sulla psicanalisi (del resto i primi a farlo sono la maggior parte degli psicologi...), ma c'è un piccolo frammento del film che mi infastidisce, mi riferisco al momento in cui Poitier riflette sull'infanzia del detenuto, e ne trae una osservazione che è corretta, ma che non mi piace: come mai lui era diventato quel che era diventato, pieno d'odio contro il mondo, mentre altri bambini non meno sfortunati, erano poi riusciti ad inserirsi nella società? Non ne trae una conclusione, ma la sua osservazione fa ben capire che doveva esserci un fondo di distruttività in questo ragazzo, una specie di "male" insito, insomma. Quello che mi infastidisce... insomma, si possono (e si devono) fare ipotesi di questo tipo, ma qui tendono a diventare una specie di condanna indiretta del paziente. Per quel che mi riguarda, Darin è diventato così, non sappiamo quale fattore aggiuntivo gli abbia impedita una normale integrazione sociale, e francamente trovo fastidioso che coloro che riescono a trovarla, passino come "normali" o che abbiano conseguito una maggiore maturità. Potrebbero semplicemente essersi asserviti al sistema, insomma, e ciò che mantiene Darin in quella posizione, non essere solo una questione di distruttività sua personale, quanto una maggiore spinta alla ricerca della verità, e la sua "malattia" affondare le radici in un profondo conflitto appunto tra la sua volontà di bene e l'impossibilità di darle una veste coerente nella realtà. Cioè. il conflitto sarebbe originato da una maggiore attività spirituale, piuttosto che da una distruttività "genetica". Poitier nota giustamente che ciò che rende pericolose le idee del giovane sia il fatto che non manchino di una certa base razionale, che le potrebbe rendere condivisibili da altri. Dal canto suo, avrebbe dovuto spingersi oltre nelle sedute col paziente, ma gli è stato impedito e del resto Darin non dava il minimo segno di voler davvero cambiare o almeno dubitare di quelle idee sovversive.
Non c'è modo di convincere di niente una persona (a livello profondo), si può solo agire indirettamente fornendo tanti appigli e ristrutturandone le credenze dall'interno (cioè in modo non invasivo o autoritario, ma creando una situazione tale da far sperimentare al paziente accadimenti che potrebbero promuovere il sorgere di nuove prospettive). In definitiva, non ce n'è stato il tempo, e il film mi piace così com'è, anzi è uno dei film che adoro, un mio personale cult.
Darin bambino è stato impersonato dal piccolo Barry Gordon, dalle sembianze di un robustotto immigrato italiano. Gordon, curiosamente, aveva recitato una parte memorabile in un telefilm della serie Alfred Hitchock Presenta, "Il giorno del destino" (Day of the Bullet), una mirabile (a mio avviso straordinaria) piccola lezione di psicologia che potrebbe indirettamente riallacciarsi al film. Tratta fondamentalmente di come una straordinaria fiducia e accanimento nella ricerca del bene, possano trasformarsi - alimentate proprio da questa fonte primigenia - nella irrevocabile scelta di imboccare una cattiva strada. Notare bene: non un piccolo poco di buono cresciuto in una cattiva famiglia , ma proprio un bambino animato dalla volontà di bene, fiducioso, che si mette perfino contro un boss malavitoso nel tentativo di difendere la verità dei fatti, sarà "costretto" a perseguire il male.
Va bè, faccio fatica a mettere insieme i pensieri, la pianto qua.
Sull'interpretazione di Sidney Poitier
Eccellente.
Sull'interpretazione di Bobby Darin
Eccellente. Riesce a rendere interessantissimo e credibile il suo personaggio.
Sull'interpretazione di Peter Falk
Si vede poco, ma eccellente.
Sulla colonna sonora
Ottima.
Cosa cambierei
Cambierei i film che proiettano al cinema attualmente, tutti in blocco (o quasi)... vado raramente al cinema, ma nella prima decade di questo millennio sono stato soddisfatto per davvero solo da tre film: Hero, Memorie di una geisha, La città proibita - cui si aggiunge 13.Tzameti, ma che non ho visto al cinema. Un pò poco... assomigliassero anche lontanamente a film come questo apparentemente misconosciuto piccolo "Pressure Point", ci vivrei al cinema.
Ottima.
Cambierei i film che proiettano al cinema attualmente, tutti in blocco (o quasi)... vado raramente al cinema, ma nella prima decade di questo millennio sono stato soddisfatto per davvero solo da tre film: Hero, Memorie di una geisha, La città proibita - cui si aggiunge 13.Tzameti, ma che non ho visto al cinema. Un pò poco... assomigliassero anche lontanamente a film come questo apparentemente misconosciuto piccolo "Pressure Point", ci vivrei al cinema.
Eccellente.
Eccellente. Riesce a rendere interessantissimo e credibile il suo personaggio.
Si vede poco, ma eccellente.
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