Regia di Antonio Bido vedi scheda film
IL CUBO INTERIORE
L'opera prima di Antonio Bido sorprende, perchè, nonostante sia stato valutato come sequel apocrifo della trilogia degli animali del grande Dario Argento, riesce a stare al passo dei titoli già citati e persino del grandissimo thriller fulciano Una Lucertola Con La Pelle Di Donna.
Apparizioni evanescenti si attanagliano nella testa degli attori, deformandola, accecandola, in modo che il killer-gatto possa colpire più indisturbato di prima. Se nell'Uccello Dalle Piume Di Cristallo un registratore ritrovato dal protagonista si riconguingeva al verso dell'uccello, il gatto, nella pellicola, si manifesta nella mente dei personaggi. Soltanto lo spettatore riesce a intravedere uno spiraglio di luce e, successivamente, un gatto che fa le fusa. E' un apparizione quasi Lynchiana, specialmente dai colori sarcastici e cupi di cui il gatto prende forma. Coloro che hanno la fortuna di essere uccisi in un modo così soave, leggiadrio e elegante dovranno fare i conti con i demoni dell'aldilà, reincarnazioni dei gatti che si trovano nella Terra, vivi e vegeti.
Gli apparecchi acustici servono a trovare traccie che l'orecchio umano non può neanche sentire. Alcune vittime vengono avvertite da un sonoro caos, urla senza senso, un inceneritore e quant'altro di strano si possa trovare. Attraverso questi apparecchi si possono captare tutti questi suoni, che riescono nell'intento di spaventare le vittime e provocargli una pazzia Interiore.
La mentalità umana è racchiusa dentro un cubo. Si cerca di uscirne ma, derivatamente è quasi impossibile. Nel film The Cube di Vincenzo Natali la claustrofobia dei personaggi si mischiava ad un senso di lisergia che il cubo provocava sui nostri. Si cerca di scappare, ma è come se si stesse nello stesso punto. Bisogna trovare una via di fuga, prima che l'assassino ti investa in automobile dentro un parcheggio, oppure ti colga alle spalle dentro una farmacia, oppure ancora mentre ti stai rilassando dentro una vasca di acqua calda. Il killer in questione sembra aspettare il momento giusto, quello del rilassamento completo dell'umano, che lo rende vulnerabile a qualsivolgia attacco di chiunque.
L'idiosincrasia delle vittime non è rivolta al killer che, dolcemente, li porta nell'aldilà, ma al gatto, che li avverte del pericolo imminente. Troppo tardi per potersi liberare il collo oppure per scappare in tempo. La mentalità del killer è troppo avanti rispetto a quella dell'investigatore della vicenda, che, oltre a scegliere la pista sbagliata nonostante tutto combaciasse, mette nei guai sia le vittime sia la sua amata. Nel lasso di tempo in cui l'investigatore decide di seguire la pista (quasi) sbagliata (il fatto che le vittime erano dei giurati in un caso giudiziario di tanto tempo prima di fatti accaduti nella pellicola), il killer continuava a prendere tempo nei confronti di quest'ultimo, anticipandolo nei movimenti e cercando di dare un senso al significato di uccisione.
Una corista che si esibisce davanti a tanta gente, in una casa sconosciuta a molti, una signora anziana che tenta disperatamente di liberarsi dalle domande smorzanti e, per lei, quantomeno inutili dell'investigatore. Le donne sembrano essere le padrone dell'intera casa, oltre che dell'intero film. Basti vedere la scena in cui la donna principale (quella che viene constantemente presa di mira dagli occhi di giada del killer) entra in casa dell'investigatore e, senza nemmeno chiedere, resta a casa sua. Sembra che quel gatto sia dalla parte del sesso femminile e contro quello maschile. Sembra quasi che tenti disperatamente di opprimere il maschio, ad arrivare persino a prendere il controllo della femmina per fare un dispettto al maschio.
La farmacia come luogo di insicurezza. Cito specialmente la farmacia perchè, oltre ad essere stata il primo luogo dove il killer ha applicato la sua mano argentea contro le vittime, è l'edificio che condannerà per l'intera vicenda la sorte della donna protagonista della pellicola. Un occhio che scruta nel posto sbagliato al momento sbagliato può rivelarsi una scelta per niente azzeccata. Bisogna trovarsi un uomo da difendere e, che al contempo investighi sul minaccioso disgiudo che si è venuto a creare.
Nonostante questo film si ispiri poco o niente alla fantastica arte del ballo, Aronofsky si è vagamente ispirato per il suo Cigno Nero a questa straordinaria pellicola. C'entra persino il rapporto conflittuale di una famiglia che cerca di scavare nel passato. Un passato che è meglio dimenticare. Come quegli occi di giada che ti trforano il cervello mentre una lama ti trafigge il cuore.
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