Regia di Jean Negulesco vedi scheda film
Intanto non è un film di propaganda antigiapponese, come qua e là si legge. In tal caso sarebbe schematico, manicheo, superficiale, ideologico, retorico. Niente di tutto ciò si trova invece in questa pellicola. Anzi, si tratta di un'opera sincera di grande efficacia drammatica, e a tratti commovente. Del resto lo sceneggiatore è niente meno che Nunally Johnson. Jean Negulesco, dal canto suo, dà prova di essere un regista come si dice, e probabilmente di credere in quello che fa. Non sempre l'avrebbe fatto in seguito. L'inizio è forse un tantino convenzionale, ma quando inizia la vita durissima nei campi di prigionia il film assume spessore, diventando molto coinvolgente.
Quanto alla rappresentazione dei giapponesi, è vero, non hanno un'immagine molto lusinghiera. Ma come potrebbero essere degli occupanti, degli invasori, in periodo di guerra? E quale occupante non si comportò in quel modo in una simile situazione? Ma - come già dicevo - l'immagine dei militi nipponici che il film ci dà non è schematica, o tutta negativa. Qui va citata non solo l'originale amicizia che si crea tra la protagonista e il colonnello, ma anche le molteplici personalità che si trovano tra i militari: ci sono i crudeli, i sadici, quelli che cercano di fare quel poco di bene che permette la loro posizione, poi coloro che si voltano dall'altra parte quando un commilitone picchia una prigioniera perché non riesce né a guardare né a impedirglielo, e c'è pure chi davanti alla sofferenza mette da parte il protocollo dei ruoli di carceriere-prigionieri, cercando di aiutare. Per il resto, la guerra è guerra dappertutto.
Trovo molto buona la prova della Colbert, e non da meno è quella di Sessue Hayakawa. L'episodio in cui dà da mangiare ai bambini inglesi pensando a quelli suoi sterminati dalla bomba atomica è un gran pezzo di regia e di recitazione. Commovente e per nulla zuccheroso il finale.
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