Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film
La vita in fattoria di Juha (Sakari Kuosmanen) e Marja (Kati Outinen) sembra trascorrere gaia all'insegna della serenità bucolica. Ma un giorno arriva Shemeikka (André Wilms), un uomo che chiede aiuto perchè rimasto in panne con l'auto, e l'allegra convivialità iniziale muta col passare dei giorni perchè la vita fatta di stenti comincia a diventare per Marja un fardello di cui volersi liberare.
Con un omaggio al cinema degli albori, Aki Kaurismaki ci catapulta ai tempi del muto e immerge in un bianco e nero gelido una storia (dal romanzo di Juhani Ano) che ha i contorni della commedia brillante e l'essenza profonda del melodramma. "Lei è troppo bella per quello storpio" dice Shemeikka a Marja, iniziando a insinuare in lei la voglia di affrancarsi dalla vita grama che è costretta a subire insieme a Juha. Alla fine cede alle lusinghe e scappa con l'ambiguo ammaliatore verso le luci della città. Qui inizia l'inferno metropolitano di Marja e quella parabola degli ultimi tanto cara al maestro finlandese che viene rappresentata in un modo che è tanto atipico quanto provocotoriamente incline a trovare nel passato una formula che valga anche per il presente e il futuro del cinema."Ho girato un film muto e in bianco e nero, il melo tragico "Juha", perché sono stanco del "bla bla" del cinema. Hollywood è morta, ma non lo sa, in barba ai suoi lieti finali stereotipati, a involucri con dentro il vuoto: il mio film ne celebra il funerale, in silenzio e con le didascalie, come nei grandi film muti di Jacques Tati o con Buster Keaton". Quello di Kaurismaki è un incursione in stilemi che si credevono incapaci di ricreare arte cinematografica e li vivifica attingendo in fondo al suo stesso armamentario d'autore: le facce degli attori, la frugalità degli ambienti, la forza delle storie e quella semplicità d'insieme che ti porta a notare anche i più piccoli oggetti. "In questa sovrabbondanza di parole e immagini ridondanti, che caratterizzano la nostra società e uccidono la poesia, ho sentito l’esigenza di riflettere con un cinema "puro" dove, nelle spirali di un triangolo amoroso, ci sono solo due rumori: quelli buoni della moto del marito tradito, quelli cattivi dell’automobile dell’amante cattivo". Io invece ho sentito l'esigenza di riportare le parole di Kaurismaki che rappresentano quanto di meglio possano esserci per ribadire la perpetua possibilità di fare grande cinema partendo dalla forza delle idee e che fermo restando la possibilità di aprirsi a nuove vie non è affatto necessario che il cinema debba legarsi al doppio filo con l'estetica digitalizzata e la spettacolarizzazione coatta. Mi rincuoro sapere che esistono cineasti come Kaurismaki i quali tengono alla purezza dell'arte cinematografica e la praticano attingendo alla bellezza delle piccole cose.
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