Regia di George Cukor vedi scheda film
Il giudice (Tracy) si chiama Adamo e la costola è la sua, la moglie (Hepburn) di cui non può fare a meno e che gli somiglia anche se a tratti inevitabilmente si credono molto diversi e incompatibili. Che la vita matrimoniale presenti difficoltà è un fatto ovvio e non una "sensazione inquietante" (Di Giammatteo); è infantile chi, come spesso il pubblico costruito dai film di Hollywood, crede che non lo sia e per questo vive male il matrimonio o divorzia; altri poi possono trarne conclusioni amare sul matrimonio in generale come Sternberg o ciniche o spensierate proposte di vita amorale come Lubitsch; Cukor ha imparato da entrambi, ma ne capovolge gli esiti in un solido impegno di comprensione, tolleranza, chiarimenti per superare le difficoltà, inevitabili ma addirittura positive per un costante arricchimento.
Così il ricorso alla "messinscena", che non è affatto menzogna, può essere opportuno per chiarire meglio ed esprimere il proprio stato d'animo, come spiega bonariamente Adamo dimostrando di saper piangere a comando anche lui, come ogni donna, ma dichiarando di farlo per esprimere sentimenti veri e per riconquistare la moglie che ama; solo Di Giammatteo riesce a vedere in questo del "sottile disagio".
Questo per quanto riguarda il “significato” e l’impegno del regista. Quanto alla resa e al valore, il film, piuttosto datato, fa troppo leva sul dialogo occasionato dalla situazione, che si presta a facili battutine, talvolta forzate. I battibecchi tra i coniugi passano da temi molto seri quali il rispetto della legge “comunque” o le proteste femministe a favore della parità di diritti (e di doveri e di vincoli?) a trovatine farsesche di dubbio gusto; i suggerimenti “maliziosi” sui rapporti fra i due sposi (massaggi, sguardi sotto il banco in tribunale) erano già per educande allora; il sollevamento del procuratore da parte di una testimone della difesa può anche far ridere… ma ci sta come i cavoli a merenda. Molto riuscita invece, a parer mio, la reazione del marito che, sconfitto in tribunale (in modo ingiustificato), entra armato in casa per minacciare di morte la moglie e l’amico (un vicino che da tempo la corteggia in modo innocuo), ottenendo la sconfessione plateale di quanto la moglie aveva affermato e fatto accettare in tribunale, che sia lecito minacciare di uccidere per gelosia; tutta questa scena mi pare riuscita, convincente e convinta anche per il regista e per gli attori, che la recitano bene; mentre certi litigi sono poco convinti, e tanto meno lo sono i dibattimenti in tribunale, che tanto divertono e appassionano il pubblico americano. Insomma, più lo vedo e meno mi diverte…
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