Regia di Pasquale Festa Campanile vedi scheda film
Bruno è un giovane idealista; deluso dalla madre, dalla fidanzata e dal lavoro, capisce di dover mettere da parte la sua mentalità astratta e fare spazio alla ragione.
La costanza della ragione, tratto dall'omonimo romanzo di Vasco Pratolini, è l'esordio di Pasquale Festa Campanile come regista in solitaria, dopo le due co-regie affrontate insieme al sodale Massimo Franciosa per Un tentativo sentimentale (1963) e Le voci bianche (1964). Un'opera ambiziosa, di carattere autoriale ed effettivamente convincente nella maniera in cui vengono ritratti i personaggi e si snodano le interrelazioni fra essi; di sicuro nella sceneggiatura che PFC firma insieme a Fabio Carpi la componente psicologica è stata sviluppata a fondo e con cura. Già meno incisiva è la trama di per sé, l'azione in quanto tale, che rimane sempre un passo indietro rispetto alla riflessione e all'analisi dei caratteri e dei comportamenti; cosa peraltro che in questi anni pochi cineasti in Italia potevano permettersi di fare. Onore al merito insomma, al netto dei limiti del caso e con il plusvalore di un cast in cui compaiono Valeria Moriconi, Enrico Maria Salerno – sempre impeccabile, specie nel dramma – e due giovani attori francesi, Sami Frey (già visto ne Il disordine di Franco Brusati, 1962) e Catherine Deneuve; in parti marginali anche Andrea Checchi, Sergio Tofano, Norma Bengell e Glauco Mauri. Il ritmo è basso, ma la durata è di poco inferiore a un'ora e mezza. 5,5/10.
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