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Odessa

Regia di Valeriy Todorovskiy, Irina Tretyakova vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Odessa

di Baliverna
8 stelle

Odessa 1970: estate indimenticabile, nel bene e nel male, per Valerij, venuto con il padre a trascorrere un periodo dai nonni materni.

*** ANTICIPAZIONI, MA NON DEL FINALE *** E' certamente un'opera che merita una segnalazione, perché non è prettamente commerciale e ha un contenuto che può interessare anche le altre platee. Nonostante la notorietà del regista, in patria non ha sfondato, pagando forse il conto di una troppa sincerità e del non essere ruffiano.

Da subito mi ha colpito un'aria di verità e di sincerità che non si trova in molte opere di finzione pensate a tavolino. Infatti, poi ho saputo che è un racconto autobiografico per il regista, il quale vediamo impersonato dal ragazzino; si tratta di un personaggio che in molti momenti resta in secondo piano e che funge un po' da spettatore di ciò che fanno gli adulti. Solo alla fine entra prepotentemente in scena.

Una parte non piccola della trama si svolge in un cortile, uno di quei cortili di una volta che erano anche dei microcosmi, dove la gente viveva e intrecciava i propri rapporti, nel bene e nel male. In questo contenitore e attorno ai vecchi genitori si dipana la trama fatta di numerosi dialoghi, ma non solo. In essi emerge a poco a poco la situazione familiare, le psicologie di ognuno e le rivalità che dividono le persone. Per quanto accesi, però, i contrasti finiscono per essere smorzati da un senso di appartenenza familiare che tende infine a prevalere. Si battono i pugni sul tavolo, ci si urlano brutte parole che paiono irreparabili, si lanciano oggetti, ma alla fine il bene che ci si vuole è più forte. La famiglia è di origine ebraica, anche se le radici sembrano venir sentite più dai figli che dai genitori, i quali hanno forse subito una più forte educazione sovietica, che insegnava a rinnegarle. Per questo il vecchio padre è incapace di accettare la paventata emigrazione in Israele di una delle figlie con la propria famiglia, tema sul quale si accendono poi gli animi di tutti. Tra gli altri fili narrativi ricordo le esperienze del ragazzino con gli amichetti del cortile, la prima sigaretta, e la sbandata che suo padre si prende per una vicina di diciassette anni, mentre la moglie è a Mosca. Questo sarà il primo trauma del figlio, ancora nuovo ai dolori della vita. L'uomo fondamentalmente respinge la ragazza che gli ronza attorno, ma non del tutto. Le fa qualche piccola concessione, illudendosi di tenere il fuoco sotto controllo e di togliersi un capriccio; ma prima che se ne accorga si ritrova travolto da un incendio di passione, gelosia, confusione.

Sullo sfondo della trama vediamo una città di Odessa (quella della Corazzata Potemkin, per capirci) sconquassata da un'epidemia di colera. compresa una nave ormeggiata per i confinati alla quarantena.

E' una di quelle pellicole che raccontano in modo sentito e vero la fine dell'infanzia, o meglio forse, dell'innocenza, partendo da ricordi che per forza di cose sono ancora vividi dopo tanti anni. Bravi tutti gli attori

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