Regia di Yves Simoneau vedi scheda film
Marlon Brando ormai è immenso. L’adipe non è più il segno di un’obesità esagerata: è il concetto platonico di ciccia; è la fenomenologia della pinguedine; è la forma estrema dello scialo. Il grande divo del passato, pur di non sopravvivere a se stesso e al proprio mito, con una sagacia perversa, si concede a ogni possibilità di dissipazione. Il canadese Yves Simoneau ha approntato un film grottesco, una macchina con un motore truccato, lanciata a tutta velocità verso un traguardo dissennato. A bordo, un equipaggio con Charlie Sheen, Donald Sutherland, Mira Sorvino e altri bravi e straniti caratteristi. Al volante, con baffi e capelli rossi, pelata tatuata, vestiti scuri e un gorgoglio nelle corde vocali, un Brando che non si risparmia. È il cattivissimo direttore di un carcere di provincia, che preferisce uccidere e tormentare i detenuti piuttosto che rieducarli. Usa gli stessi sistemi con i due sprovveduti generi che, ispirandosi a “Butch Cassidy”, rapinano un treno. La trama inanella avventure e colpi di scena, mentre Marlon cerca di apparire in tutte le sequenze, fa le smorfie, finisce con la testa nella tazza del cesso e scaraventa i rivali nel camion della spazzatura.
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