Regia di Maurizio Zaccaro vedi scheda film
Una storia italiana, che nasce da “un cumulo di menzogne prese in considerazione da un gruppo di giudici dilettanti”. È il “caso Tortora” una delle vergogne del nostro Dopoguerra. Non era facile ricostruirlo in un film: Zaccaro – in complicità con la figlia dello sfortunato presentatore, Silvia Tortora, e Umberto Contarello – ha scelto la strada della narrazione a puzzle, come a sottolineare il caotico delirio dell’incredibile disavventura in cui cade vittima “quello di Portobello”, ai tempi dell’arresto (’83) tra gli uomini più famosi e invidiati d’Italia. Avrebbe dovuto incontrare il Rod Steiger di “Crazy in Alabama”, che “era uno dei rari uomini che conosceva la differenza tra la giustizia e ciò che è giusto”, ma gli andò male. Michele Placido, pur somaticamente assai differente da Tortora, raggiunge una (vero)simiglianza stupefacente. Intensi anche Melato, Incerti, Mezzogiorno e un Giuliano Gemma mai così in parte da vent’anni in qua.
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