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Le Franc

Regia di Djibril Diop Mambety vedi scheda film

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La recensione su Le Franc

di callme Snake
8 stelle

Grandissimo mediometraggio di Mambety che prosegue, subito dopo Hyenes, il suo discorso sull'Africa e il denaro. La storia, fiabesca e simbolica, narrata con ironia, è quella di un poveraccio che su consiglio di un nano gioca il numero 555 alla lotteria, vincendo il primo premio. Il biglietto vincente viene incollato su una porta di legno, dietro il poster rappresentate "il nostro Robin Hood", come lo stesso protagonista dichiara. Peccato che, dopo aver attraversato Dakar con la porta sulle spalle per riscuotere il premio, non riesca più a staccare il pezzo di carta. Gli viene quindi l'idea di utilizzare l'acqua di mare...L'Africa di Mambety, è inutile dirlo, è caratterizzata da grande povertà, accentuata dal contrasto tra gli edifici diroccati della maggior parte della popolazione e i palazzoni dei ricchi, isolati oggetti del desiderio. Questa situazione, invece che portare Mambety su posizioni populiste e retoriche, spinge il grande regista senegalese ad una amara riflessione sulla corruzione del denaro, simile negli intenti a quella bressoniana di L'Argent, sebbene in contesti del tutto diversi. Non è quindi un caso che, ricorrendo ai suoi tipici espedienti da "simbolista", Mambety faccia nascondere al protagonista il biglietto proprio dietro l'immagine di un eroe popolare: dietro i paroloni e gli ideali dei suoi personaggi si nasconde l'irrefrenabile desiderio di ricchezza, spesso misto ad una notevole ignoranza (il protagonista non conosce le regole della lotteria, quindi incolla il biglietto sulla porta, rischiando di rimanere a bocca asciutta). Questa miscela micidiale porta gli uomini dei suoi film a mettersi in vendita, rinunciando a tutto ciò che dava loro ancora una dignità. Mambety però è qui doppiamente grande: non se la sente di puntare il dito e fare la morale, prova pietà per i suoi personaggi, li comprende anche quando sbagliano (senza però giustificarli). L'Imperialismo ha portato all'Africa questo terribile morbo e il suo popolo ha perso la sua vera identità. Dietro una struttura e una storia leggere e divertenti, anche poetiche (si ricordi il legame tra Mambety e Pasolini, che sicuramente ha avuto degli effetti), lo sguardo è amaro e lucido. Un film davvero splendido, 45 minuti da mandare a memoria. Eccellente il sonoro, un continuo sovrapporsi di musica, rumori della città, vento, parole (poche a dir la verità) che a tratti può persino far pensare ad Amir Naderi.

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