Regia di Marco Ferreri vedi scheda film
Il pessimismo cosmico di Ferreri spinto all’estremo. Questo è IL SEME DELL’UOMO, favola fantasociale ed esistenziale sulla fine del mondo. Catastrofi sociali, epidemie, città che si sgretolano appaiano su apparecchi televisivi e su notiziari. Alla vista di Cino e Dora, una coppia di ragazzi che viaggiano per un’autostrada semideserta si aprono immagini apocalittiche da piccoli schermi e dal vivo con pullman carichi di bambini morti, controlli medici stile checkpoint, pillole immunitarie e raccomandazioni di cercare rifugio lontano da tutto. Una casa in una spiaggia in cui il proprietario è riverso morto su uno sdraio (il regista stesso). Cino e Dora come due primate ripartono da zero: lui comincia a raccogliere erbe e soprattutto reperti della società consumistica occidentale e vorrebbe un figlio, lei non vuolefar rinascere l’umanità contravvenendo a quanto suggerito da alcuni membri dello Stato. Forse perché presagisce che non ci sarà nessun futuro. Cino è un ragazzo buono, ancora legato al passato recentissimo di simboli della civiltà industriale e dei consumi allestiti per il museo di cui è stato nominato curatore. Egli declama spesso slogan pubblicitari, umanamente è aperto e non disdegna la compagnia della donna sconosciuta, stravagante e libertina.
Il futuro non è ancora donna per l’autore di DILLINGER E’ MORTO: Dora, più chiusa e riflessiva, diventa gelosa della sconosciuta apparsa all’improvviso fino ad ucciderla e a offrirla in pasto all’ignaro consorte, non vuole procreare e quando verrà inseminata con l’inganno reagirà malissimo. Altra chiave di lettura potrebbe anche essere che è lei la parte lucida e lungimirante della coppia, ribaltando quanto scritto sopra. Il (non) futuro è donna. Comunque ciò che resta fortemente impressa negli occhi e nelle orecchie dello spettatore è il mare, il vento, il paesaggio marino selvaggio e brullo con un enorme cetaceo riverso sulla spiaggia (simbolo fetale di disfacimento e di morte in seguito), il quale una volta divorato dai gabbiani diventa una carcassa simil installazione. Altri simbolismi ferreriani sono il cimitero di pupazzi sulla spiaggia coperti da un telone (altra idea di installazione già abbondantemente copiata). Maschere antigas e tute protettive, rappresentanti dello Stato come cavalieri neri a cavallo e una donna prete. Una bottiglia di Pepsi-Cola con su scritto Merry Christmas scambiata inizialmente per dirigibile. Tanti prodromi del Ferreri prossimo venturo. E ancora, il commento sonoro quasi impercettibile mescolato ai rumori della natura di Teo Usuelli. Annie Girardot, feticcio e icona indelebile. Nel cast professionisti e non, tra questi ultimi il critico Adriano Aprà, i registi Armentano e Odorisio, e il produttore Rosboch, comandante in forza dello Stato, finale. Non c’è domani per il seme di Cino, né per il feto di Dora, solo un mare minaccioso e solitario.
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