Regia di Daniele Vicari vedi scheda film
L’idea di partenza è di quelle che lasciano il segno, probabilmente destinata a ritagliarsi uno spazio nelle storie del cinema a venire: quella di girare un film tutto in ambienti chiusi durante il confinamento forzato del 2020. La realizzazione risente di tutte le difficoltà del caso: tecniche, innanzitutto (la traccia audio avrebbe potuto essere livellata meglio), ma anche di regia. Da remoto, infatti, il regista Daniele Vicari e le maestranze solitamente addette a riprese e microfoni davano indicazioni agli attori che, nelle loro case, cercavano di arrabattarsi come meglio potevano per ottenere risultati dignitosi. Sul piano narrativo, il film propone tutte storie di coppie (per lo più in crisi), costrette alla convivenza coatta (o a stare lontane) in occasione di un attentato batteriologico a Roma: c’è la moglie spossata dai tradimenti continui del marito che trova riparo da un amico che la desidera da tempo; la coppia di artisti rivali; quella formata da due che hanno vissuto un’unica esperienza folgorante e una più âgée in conflitto da anni. Nel complesso le vicende si lasciano seguire, ma l’overacting di Isabella Ragonese e la prestazione dilettantesca di qualche altro attore denuncia la precarietà del controllo registico a distanza. Per lo spettatore si tratta anche di un’occasione per dare spazio al proprio voyeurismo, entrando in appartamenti tutti stracolmi di oggetti e arredati con dubbio gusto.
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