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Star Wars: Episodio 1. La minaccia fantasma

Regia di George Lucas vedi scheda film

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La recensione su Star Wars: Episodio 1. La minaccia fantasma

di Souther78
5 stelle

Opera quasi avulsa e di transizione, tra il vecchio e il nuovo, sopraffatta dalla CGI, ma con il merito di introdurre una profonda verità sulla politica e la società dei giorni nostri (e anche del passato). Il lato oscuro, come vedremo, altro non è, se non la paura, strumentalizzata da chi, muovendo i fili dei "buoni" e "cattivi", ci controlla.

 

Su questo primo capitolo del prequel di Guerre Stellari si è detto tantissimo, e io stesso non ho mai scritto una recensione, nonostante la saga sia stata per me un riferimento culturale fin dai primi anni di vita.

 

Così, a 25 anni di distanza dalla prima visione di questo episodio, e a circa 40 da quella della trilogia originaria, ho forse maturato il discernimento sufficiente a fare un bilancio.

 

La seconda prima volta

Quando uscì al cinema La minaccia fantasma non ero particolarmente emozionato, avendo raccolto impressioni tutt’altro che entusiastiche. L’ho guardato con un misto tra il rassegnato e lo speranzoso. Dalla visione sono uscito sdegnato, poiché non c’era nulla di ciò che era stato, e la grafica computerizzata non aveva aggiunto, bensì sottratto. Quello che avrebbe dovuto fornire ausilio alla narrazione, sembrava esso stesso assurto a fine ultimo della proiezione, con gli effetti speciali fini a se stessi, tra creature più ridicole che interessanti, tecnologie che da un lato, finalmente, sembravano allineate all’ambientazione, ma che, dall’altro lato, annichilivano quelle degli altri episodi.

Il tutto sembrava finalizzato ad attrarre gli spettatori più piccini, come avrei potuto essere io quando la prima trilogia era approdata in televisione. Eppure già allora la sola presenza degli Ewoks mi era sembrata un fuor d’opera. Figurarsi, a 20 anni suonati, tutti questi mostriciattoli inverosimili!

La durata del film, tutt’altro che breve, sembrava sprecata in inutili rassegne di effetti speciali, e a mostrare storie di scarso interesse, con un protagonista che doveva avere 9 anni, ma ne dimostrava 6, e in un susseguirsi di eventi assai improbabili.

Bellissima, poi, la presenza di Liam Neeson, ma… non c’erano già abbastanza personaggi “originali” di cui narrare le gesta? Perché disperdersi andando tanto indietro da portare in scena questo sconosciuto?

Insomma, una delusione totale.

 

Quando io lo conobbi, tuo padre era già un grande pilota

Così si rivolgeva Obi-Wan Kenobi a Luke nell’episodio IV, e continuava: “Rimasi stupito di quanto intensamente la Forza fosse con lui. Così mi assunsi il compito di farlo diventare uno Jedi. Credevo di poterlo istruire come avrebbe fatto Yoda”.

Perché, quindi, storpiare anche questa ricostruzione, introducendo un bimbetto che al massimo pilota gli “sgusci” (e anche qui la traduzione italiana ha colpito e affondato!), mentre è ovvio che per coerenza ci si sarebbe aspettati almeno un ventenne, pilota da combattimento affermato? Poi scopriremo che non è affatto Obi-Wan ad averlo voluto addestrare. E apprenderemo pure che Yoda non è mai stato il maestro di Obi-Wan.

Insomma, sembra proprio che il regista avesse le idee alquanto confuse.

Certo è che il bimbo Anakin non sarà in linea con le aspettative dei fan di vecchia data, ormai tranquillamente anche 40enni o 50enni, che probabilmente al pensiero di scoprire le gesta giovanili di Darth Vader, certo non si aspettavano di doversi sorbire 2 ore di un moccioso, un effetto speciale digitale (Jar-Jar), e zanzare parlanti o robot imbecilli.

 

Gli intrighi di potere

L’aspetto più interessante del film è legato agli intrighi politici, che raccontano assai più il nostro mondo, che non quella galassia lontana lontana…

Dubitiamo che Lucas sia estraneo ai meccanismi di potere occulti, specie considerando che Hollywood è da sempre al centro del controllo di quei circoli: basti pensare agli scandali legati al pedosatanismo, che di quando in quando affiorano, alle rivelazioni di quei pochi che ne escono o che decidono di parlare (Alanis Morrissette, Mel Gibson, Kevin Sorbo, etc.). Ripensiamo anche a L’uomo che fuggì dal futuro, di Lucas: ci rendiamo conto che sa perfettamente di cosa sta parlando.

Ecco, quindi, che si compie l’atto di denuncia, più o meno occulto, di Guerre Stellari: una guerra che sembra dichiarata da una fazione ben precisa, contro la democrazia, ma che poi si realizzerà essere semplicemente un progetto organizzato a tavolino da chi muove i fili di entrambi gli schieramenti. Attraverso la scusa dell’attacco alla democrazia, orchestrato da chi apparentemente difende la democrazia, fornisce la scusa perfetta per trasformarla in dittatura, progressivamente ma inesorabilmente, e non solo sotto gli occhi di tutti, ma con l’entusiastica partecipazione di tutti.

Quando lo guardai la prima volta, ero ancora convinto che Hitler fosse cattivo, gli americani e gli inglesi buoni, che la rivoluzione francese fosse venuta dal popolo, così come quella russa, che le tensioni Russia-USA fossero un fatto politico, etc. etc. etc. Da allora, 25 anni e decine di libri (ed esperienze vissute) dopo, ho aperto gli occhi, e realizzato come una mano oscura inventi continuamente nuove fazioni e nuovi fronti, per poi controllare tutti gli schieramenti in campo, restando al di sopra di ogni sospetto. Così, nella storia di Palpatine possiamo vedere quella dell’Hitler massone, che sobilla le masse invasate, mentre il suo avvento era già stato pianificato da condizioni socio-economiche imposte a tavolino nella Germania del primo dopoguerra. Possiamo vedere il Churchill massone, che apparentemente prende le redini di un governo (quello di Chamberlain, massone) debole, che aveva permesso l’ascesa di Hitler. Possiamo vedere il massone Roosevelt, che provoca in segreto il Giappone, e, una volta edotto dell’imminente bombardamento, ben si guarda dall’avvertire popolazione e marinai, così da poter cavalcare l’onda emotiva e dichiarare guerra. E’ tutto un gioco: noi siamo le pedine che si combattono pensando di farlo in nome di ideali, che esistono solo nel tavolo da gioco che altri hanno predisposto. Ecco: oggi so che il principale merito di Guerre Stellari è averci comunicato questa fondamentale verità. Il signore oscuro dei Sith, che poi potremmo semplicisticamente individuare nei Rothschild e nel manipolo di pedosatanisti che sono i nostri burattinai, è quello che manipola attraverso l’inganno e la paura, mentre da un lato la alimenta e dall’altro la sfrutta.

In questa nuova trilogia emergerà chiaramente che cos’è il lato oscuro: la metafora della paura, che nasce dalla nostra inconsapevolezza, e che ci rende manipolabili. Nell’ultimo film scopriremo anche la giusta prevenzione: coltivare il distacco.

 

Un’occasione sprecata?

Questo film otterrà i giudizi peggiori dell’intera saga (ovviamente quella spazzatura Disney non la consideriamo neppure), ma, se non altro, servirà all’autore per aggiustare il tiro con le due opere seguenti.

Dispiace, oggi, pensare a quanta profusione di mezzi e quanta attesa siano occorse, per giungere a un risultato così scoordinato da tutto il resto, da potersi quasi considerare un’appendice la cui eliminazione non toglierebbe pressochè niente. Basti pensare alle storie di Darth Maul e Qui-Gon Jinn: personaggi che qui entrano ed escono, senza apportare alcunchè. Davvero occorrevano questi riempitivi? Non ci sembra! Perché, piuttosto, non spostare l’intera narrazione un po’ più avanti, e vicina alla saga originaria, magari anche recuperandone il cast (e non solo quello secondario)?

Purtroppo anche le suggestioni visive, depredate dall’ubiqua CGI, vengono in parte boicottate e la loro credibilità è sottratta, mentre l’attenzione dello spettatore è perennemente in bilico, nel tentativo di scorgere le ambientazioni autentiche, nel mare magnum di effetti computerizzati.

 

A proposito… e la musica?

La prima saga aveva emozionato, coinvolto, e fatto venire i brividi al solo suono della colonna sonora, entrata letteralmente nella storia. Qui quel tema, riciclato e modificato, ha perso completamente la sua solennità, ma, soprattutto, la centralità: prima sottolineava e scandiva ogni sequenza di impatto, mentre adesso sembra quasi intimidire il regista, che lo “cita”, quasi con riverenza. È, forse, la consapevolezza della disarmonia tra il pathos musicale e quello narrativo e visivo, a intimidirlo?

 

In sintesi

Non è un pessimo film, ma è sicuramente un pessimo Guerre stellari, questo prequel, che non manca di intrattenere, a tratti perfino emozionare, e comunque un po’ anche stupire. Purtroppo, però, sembra decisamente anni luce lontano dall’originale, appassiona ben poco rispetto ai personaggi che tutti i fan si aspettavano di poter vedere più da vicino, e sembra scollegato dai fatti narrati in precedenza (o nel futuro, a seconda di come la vogliamo vedere).

Se pure non si può stroncarlo totalmente, questo titolo ha senza dubbio poche luci e molte ombre, e, inquadrato in una prospettiva più ampia, sembra quasi un’opera di transizione, specie considerando che l’ultimo film ufficialmente diretto da Lucas era ormai il capostipite del 1977, e, pur volendo considerare il diretto coinvolgimento negli altri due capitoli, erano almeno 15 anni che non dirigeva un film. Per questo motivo, e per le numerose sostituzioni di personaggi rispetto ai due seguiti, per certi versi La minaccia fantasma sembra quasi un’opera a sé stante, il cui principale merito è probabilmente quello di riaprire una porta verso l’universo fantastico di Guerre Stellari, più che di portarci davvero lì dentro.

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