Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
I travestiti sono omosessuali? Almodòvar risponde a questa domanda banale (che traggo da Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso di Allen) in maniera eccellente e ci parla di un mondo stravolto, un mondo che mi attrae, ma che per certi versi personalmente mi spaventa perché sconosciuto e lontano. In Tutto su mia madre c'è una sensibilità incredibile nei confronti del dramma umano. Il regista ha una freddezza tale di fronte alla morte che viene vissuta come un evento che può cambiare la vita di una persona, ma che non si distingue particolarmente dal resto della vita banale. Viene raccontata o fatta intuire la fine di una persona, senza strappare inutili lacrime, senza giocare su sentimenti elementari. Questa asciuttezza è un pregio e dà una compostezza tale alla pellicola che crea un doveroso senso di rispetto nei suoi confronti. Il problema non è immedesimarsi, ma comprendere e stupirsi degli atteggiamenti umani. C'è un forte attaccamento alla vita in questo film e un maturo e quasi disinteressato sguardo alla morte, che passa velocemente, ma l'azione non è dei morti, bensì dei vivi. L'azione non si ferma mai, neanche al funerale di Rosa. Non c'è tempo per la contemplazione di un dolore, c'è la vita nuova, quella del puerpero. E la solitudine a cui è condannata La Madre che ha perso il figlio, che urla all'ex-marito "sei una pestilenza", è la solitudine dell'uomo, così legato al mondo che lo circonda, ma anche così abbandonato a se stesso nei suoi soliti insostenibili drammi quotidiani. C'è tutto: prostituzione, travestitismo, AIDS, droga. Il regista ci parla di un mondo "diverso" mostrandoci tutta la sua dignità e alto è il suo rispetto, proprio come quello di Manuela che si muove naturalmente in mezzo ai pericoli perché li conosce, li ha vissuti e perché, forse, sente di non avere più nulla, di affondare le proprie radici in qualcosa che si è già perso e ormai non si può più perdere una seconda volta.
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