Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
Primo film di una nuova fase per il regista, che molti hanno voluto vedere come l'inizio della sua maturità cinematografica, dove persiste l'innata predilezione per il melodramma, ma la messinscena si fa più raffinata e rigorosa. L'intreccio non manca di eccessi e inverosimiglianze, che nelle mani di qualsiasi altro regista farebbero sprofondare il film nel trash (un solo esempio: è altamente improbabile che nella realtà una suora laica come quella interpretata dalla Cruz si conceda ad un'avventura con un trans come Lola, che guarda caso risulta pure malato di AIDS), ma sublimate da una purezza di stile che punta dritto al cuore dello spettatore e riesce a farlo piangere senza provare vergogna. Anche a livello visivo, nella smagliante fotografia a colori di Affonso Beato, Almodovar ha abbandonato gli eccessi "camp" del passato e ha adottato un approccio compositivo che punta ad una maggiore essenzialità e che risulta a mio parere più efficace. Cecilia Roth risulta di eccezionale intensità nel ruolo di Manuela e avrebbe meritato qualsiasi riconoscimento; fra i comprimari, ottime soprattutto la collaudata Marisa Paredes nel ruolo della depressa attrice Huma, Penelope Cruz nel ruolo della malata suor Rosa e Antonia San Juan che alleggerisce il tutto con abbondanti iniezioni di commedia, ritagliandosi una scena d'antologia col monologo di Agrado. Come al solito, molti omaggi cinefili a registi e attrici del passato (soprattutto ad "Eva contro Eva" e "Un tram che si chiama desiderio"), che risultano sinceri e ben integrati nella trama, a differenza dello sterile citazionismo di tanti altri film. Rimane vent'anni dopo il suo film più famoso, il più amato dal pubblico e dalla critica insieme a "Parla con lei", un capolavoro del cinema anni 90 che non può mancare in qualsiasi lista dei migliori degli ultimi 20 anni.
voto 10/10
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