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Tutto su mia madre

Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film

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La recensione su Tutto su mia madre

di Genga009
8 stelle

Con trame che si intrecciano perfettamente grazie ad una perennemente suggestiva messinscena ed a prove attoriali eccelse, Tutto su mia madre si presenta come un film di spiccata sensibilità; acutissimo cinema.

Almodovar per me è uno dei registi più interessanti ed importanti degli ultimi trent'anni, e questo film assieme ad Habla con ella è quello che riesce a delineare la sua poetica di genere [melò/grottesco] nel modo più completo. Il regista spagnolo è uno dei pochi cineasti che, con capacità e sensibilità invidiabili, riesce sempre ad amalgamare estetica e narrazione in tutte le sequenze di ogni sua opera; un artista, infatti, tanto nella messinscena quanto nel saper gestire le emozioni che ogni attore deve (far) provare sotto la sua direzione; un maestro nel (ri)creare situazioni che generino naturalmente empatia con lo spettatore. È il regista non delle donne ma del femminile. Tutti i suoi personaggi sono profondamente legati ad una storia personale, alle trasformazioni - sia caratteriali che fisiche - che nel corso della vita hanno dovuto compiere o subire per smettere di rincorrere la propria naturale identità. Le donne rappresentano quanto di più vitale e determinato esista in natura. La femminilità, invece, descrive ogni atteggiamento che le donne hanno nei confronti delle realtà che devono affrontare o con sacrificio, fatica ed angoscia, oppure con risolutezza, indiscrezione e coraggio. Tutto su mia madre ricopre ogni aspetto dello spettro definito fino ad ora, risultando una pellicola intimamente magnifica e profondamente riflessiva.

 

 

 

 

Il dramma trova le sue radici nella spensieratezza di un'età e nella frenesìa di un'intera esistenza. Il cambiamento è qui visto sia come metodo per fuggire dalla realtà [come è il teatro per Manuela (la straordinaria Cecilia Roth)], sia come arma per definire la propria autenticità. Trasformare il proprio corpo o la propria personalità [come riesce a fare una volta sola Manuela nei panni di Nina (una bravissima Candela Peña)] è come sognare ad occhi aperti, cercare di riempire determinate incertezze o aspetti irrisoluti del proprio Io attraverso sistemi che colmino senza sostituire. Il trauma subìto dalla protagonista fa in modo che essa ritorni a Barcellona, luogo da dove era fuggita anni prima, per tentare di riallacciare tutti i rapporti che in passato aveva reciso. Dal ritrovo con Agrado [miglior personaggio del film; superba l'interprepazione di Antonia San Juan!] alla conoscenza di Rosa [Penelope Cruz], dall'amicizia con Huma [un'immensa, ancora una volta, prova di Marisa Paredes] alla riconciliazione con Lola [Toni Cantò], le donne presenti in Tutto su mia madre si rivelano l'unico antidoto efficace per contrastare la depressione di Manuela. Le loro trame, che in maniera perfetta si intrecciano nel racconto, e le loro gesta donano nuova vita alla protagonista. La nascita precorre un'ultima fuga mentre la morte arresta un'anima, quella di una madre malata - Rosa - che cerca all'ultimo di avvicinare a lei i propri genitori. Gli accadimenti che si susseguono nell'opera conservano in essi la natura di tutti i personaggi del film, da quelli che dalla vita sono stati duramente messi alla prova a quelli che con la propria persona hanno sempre cercato di confrontarsi. Seguendo percorsi differenti, talvolta azzardati o rischiosi, ogni presenza che viene messa in scena nel lungometraggio restituisce allo spettatore un senso di rinnovamento, una profonda analisi psicologica e sociologica delle situazioni che tessono l'intreccio ed i soggetti che popolano questa pellicola appassionata. 

 

Menzioni d'onore alla fotografia di Affonso Beato ed alle musiche di Alberto Iglesias, che aiutano Pedro Almodovar a formalizzare una sceneggiatura quasi perfetta e renderla in suggestiva sintonìa con la sua armonica messinscena.

Ripeto:

intimamente magnifico!

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