Regia di Davide Ferrario vedi scheda film
Nonostante l'impresa ardua (oserei dire hard) dell'autore e degli interpreti, con una Elisabetta Cavallotti cui non si può negare una medaglia al valore, fatico a comprendere il senso dell'operazione, se non l'intenzione di far capire quanto dolore e quanta umanità (ma anche avidità, meschinità, miserie) si celi dietro al mondo patinato - ma chissà se lo è ancora, nell'era internettiana - del cinema pornografico. L'ironia che viene mostrata a tratti ("Dotto', quando ce so' sopra che je devo fa'?", domanda sul set l'uomo-uccello; "E che je vòi recità er monologo dell'Amleto?" ribatte il produttore) non mitiga l'impressione di dolore e di squallore che si ricava dalla visione di un mondo nel quale la sconfitta degli ultimi tabù sessuali si accompagna alla consumazione psicofisica di corpi che appaiono e devono apparire perfetti. Ma il maggiore scopo raggiunto dal film di Ferrario è di far passare la voglia (a chi mai l'abbia avuta) e la curiosità di guardare film pornografici.
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