Regia di Giuseppe Bertolucci vedi scheda film
Otello, Shakespeare, il melodramma, un paesino con un nome troppo suggestivo e troppo carico di sensi e simboli (Specchio), l’omosessualità, l’Aids, la mamma biologica e quella affettiva, la Tv, il teatro, il cinema (il proprio e quello degli altri), la poesia, le stagioni della vita, la banda, la nebbia, il viaggio, le immagini-metafora e le immagini-sintomo, le inquadrature sghembe e oblique (anche MTV non le usa più o le utilizza con maggiore parsimonia). E l’elenco potrebbe continuare. Giuseppe Bertolucci e i suoi modesti sceneggiatori, storicamente specialisti in dialoghi concettosi e imbarazzanti, non hanno voluto lesinare. Il film parte e dopo cinque minuti galleggia in un liquido denso di banalissime chiacchiere e di pensieri di seconda mano. Il regista (che rimane nonostante questo passo falso una delle voci più interessanti del nostro cinema) riesce, ogni tanto, a plasmare scene molto belle, ma la deriva lirica trascina e annichilisce attori e parole, emozioni ed essenze.
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