Regia di Francesca Mazzoleni vedi scheda film
L’altra sera ho visto Punta Sacra, il nuovo film di Francesca Mazzoleni, in concorso al Festival Visions du Réel e sono rimasta senza parole. La Mazzoleni raccoglie sguardi di donne, scandagliando i loro volti, dando voce alle loro idee quasi a voler risanare i loro sogni mai perduti.
Siamo a Ostia Lido, all’idroscalo di Ostia per l’esattezza, lungo un lembo di mare e di case perdute, distrutte nel 2010 per risanare il Porto Turistico che guarda al futuro spazzando via il passato, lasciando dietro solo un cumulo di sassi che le famiglie rimaste chiamano casa.
Laddove il tutto ha le sembianza del niente, la Mazzoleni, che non sembra aver perso quel suo modo di guardare ai giovani colmo di una sorta di devozione rispettosa (di cui Succede, il suo precedente film è l’esempio lampante), costruisce una carme di anime, una composizione di volti e voci, di urla di madri arrabbiate e impotenti, incapaci di trasmettere alle proprie figlie la voglia di fuggire via, figlie per le quali evadere vuol dire semplicemente sedersi qualche ora ai tavoli di plastica di un bar a qualche fermata di autobus da Punta Sacra.
Punta perché dopotutto è di un lembo di terra che parliamo, Sacra perché sacro è ogni suolo su cui giace terra, su cui si muovo passi, su cui la pioggia diventa fango. Sacra come la fede che sembra avvolgere tutto come un velo sottile, è nei canti di Natale, è nella figura del prete. Sacra come la libertà che è donna, che è guerriera, come Franca, Silvia, Giulia, Stefania.
Quell’ultima lenta carrellata che parte dalla spiaggia e si incanala per poi sfociare nel mare aperto è libertà. Poi lo schermo si oscura, qualche altra immagine e ancora mare, mare di onde che si infrangono sulle scogliere, come sogni scordati ma mai perduti.
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