Regia di Michael Haneke vedi scheda film
Nella Venezia invernale di fine Novecento uno studente tedesco d’arte butta il suo tempo oziando, finché conosce un amichevole connazionale, distinto ed elegante, che si presenta come Edgar Allan. Molto presto dietro quest’uomo il giovane scopre risvolti inquietanti: chi era veramente costui?
Quando gira Wer war Edgar Allan?, siamo nel 1984, Michael Haneke ha da poco superato la quarantina e già da un decennio lavora per la televisione austriaca, per la quale ha sfornato una manciata di film. Questo, il sesto a sua firma, è la trasposizione per il piccolo schermo di un romanzo del conterraneo (e pressoché coetaneo) Peter Rosei; benché ambientato nella contemporaneità, le atmosfere decadenti e lo stile narrativo che predilige chiaramente la descrizione all’azione sembrano datare l’opera a un tardo romanticismo dannunziano. Anche i paragoni con Morte a Venezia di Thomas Mann sono evidenti – la morte aleggia lungo tutta la pellicola – tanto da essere esplicitati (con un titolo di giornale, verso la metà della storia); Haneke dona al suo lavoro una cappa plumbea e di estrema pesantezza tramite una fotografia sbiadita (Frank Bruhne), una colonna sonora sottilmente inquietante (Ennio Morricone, nientemeno) e, in primis, una sceneggiatura (del regista e di Hans Broczyner) dai tempi dilatati, dotata di pochissimi personaggi e nella quale quasi tutto ciò che accade, accade nei dialoghi. Il protagonista Paulus Manker non convince del tutto; meglio, senza dubbio, ne esce l’Edgar Allan impersonato da Rolf Hoppe; dopo questo titolo Haneke ne girerà un altro per la televisione e, finalmente, approderà al cinema cinque anni più tardi, nel 1989, con Il settimo continente, intraprendendo, più che una nuova strada, una nuova carriera. 3,5/10.
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