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Erika

Regia di Peter Rush (Filippo Maria Ratti) vedi scheda film

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La recensione su Erika

di mm40
2 stelle

Erika, tedesca, ha vent'anni quando va in visita in Sicilia presso alcuni amici di famiglia. Inevitabilmente si accende la fiamma del desiderio per il coetaneo Renato, che ricambia pur essendo già in predicato di sposarsi con Concettina; ma anche il fratello minore Luca, nonché il padre di entrambi, padrone di casa, sono parecchio attratti dalla giovane e disinibita straniera.


Un guazzabuglio di luoghi comuni senza capo, né coda: Erika si insinua maldestramente sulla scia delle primissime commedie in salsa erotica (da Grazie zia di Samperi, 1968, in avanti), con la complicità delle maglie allentate della censura nostrana, e ha di buono solamente il tempismo. Siamo infatti nel 1971 e il filone è ancora alle prime armi; decamerotico e commedia scollacciata sono in dirittura d'arrivo, ma una pellicola di questo stampo, in quel preciso momento, poteva anche avere qualcosa di più o meno originale da dire. Peccato che nella sceneggiatura di Aldo Marcovecchio (non esattamente una firma illustre) non funzioni sostanzialmente nulla: banale è l'intreccio della storia, banalissimi i personaggi e conviene direttamente soprassedere sulla risma di stereotipi legati alla mancanza di inibizione da parte della nordica protagonista (un'algida Patrizia Viotti, all'esordio sul grande schermo). Idem valga per la controparte sicula e mascula del cast, affidata ai vari Pierre Brice, Bernard de Vries e Giuseppe Fortis: certamente alcuni dettagli sono pura e semplice verità per i tempi che correvano in quel momento, ma la stilizzazione dei caratteri è perfino eccessiva, alla ricerca di un gradimento immediato, facile e popolare (cioè il più vasto possibile). Filippo Walter Ratti, che qui prudentemente si firma come Peter Rush, aveva già alle spalle un quarto di secolo di carriera registica, sempre barcamenandosi tra i generi più in voga; la confezione è sufficientemente sobria, ma i contenuti destano sbadigli prima ancora che perplessità. Un particolare forse perdonabile, ma indicativo della leggerezza con cui il lavoro è stato scritto: la tedesca Erika parla un perfetto italiano, con accento impeccabile, incespicandosi solo di tanto in tanto espressamente per lasciar intendere che è straniera. Non è chiaro il motivo, ma lo stesso potrebbe dirsi del film nel suo complesso. 2/10.

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