Regia di Riccardo Freda vedi scheda film
Il primo film dell’orrore (sonoro) italiano porta la film di Riccardo Freda, autore buono per tutte le stagioni e regista che più volte ha giocato a dadi con la carriera scommettendo su generi e storie mai affrontati in precedenza. I vampiri gioca sin dal titolo con la paura ancestrale del pubblico ed è, in fondo, un film primario sull’esercizio del terrore. Inserita in un contesto che è al contempo fuori dal tempo e naturalmente contemporaneo (siamo certamente ai nostri giorni, ma quando? e dove siamo? che importanza hanno il quando e il dove?), la storia vive prevalentemente di due ossessioni: il mito dell’eterna giovinezza legata all’ossessione amorosa e la perversione di natura vagamente sessuale legata al possesso della carne.
È un film d’amore, I vampiri, ovviamente malato, corrotto e disperato, a senso unico, un film sulla bellezza che svanisce come nell’indimenticabile sequenza della trasformazione di Gianna Maria Canale (peraltro vittima del sadismo del regista, allora suo marito, che, immolata sull’altare dello spettacolo, la condanna ad una bruttezza irreparabile), opera capitale del direttore delle luci Mario Bava, vero terrorista della macchina da presa.
È un film sull’amore che non può esserci e forse mai c’è stato e sulla bellezza che non può esserci più se non stipulando un patto con l’oscuro: perciò è il saggio comunque definitivo sulla disperazione, ad opera di un autore che proprio sulla disperazione dei suoi personaggi senza scampo ha costruito una fortunata carriera, basata sulla rappresentazione plastica dell’ingorgo intimo delle paure primordiali nel nostro inconscio. Le musiche di Roman Vlad sottolineano un’allucinante tensione emotiva. Un vertice del racconto popolare all’italiana.
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