Regia di Stefano Incerti vedi scheda film
Non stupisce che questo film non abbia avuto il successo che avrebbe meritato: troppo lucido nella sua spietata critica al modello economico-sociale dominante. E' ambientato al sud, sullo sfondo di una violenza malavitosa divenuta istituzione e sistema. Ma il suo respiro è più ampio. Il disprezzo della vita altrui, l'avidità, l'istinto predatorio che vede l'altro come una risorsa da saccheggiare non sono più soltanto i disvalori del crimine più o meno organizzato, ma i fondamenti stessi della distopia ultraliberista. La competizione selvaggia si nutre di violenza e la genera, disgregando il tessuto sociale e le stesse coscienze individuali. Così chi preme il grilletto non è più solo il mafioso, ma anche l'immigrato, il clandestino, il tranquillo impiegato di un ufficio postale. Il carnefice diventa il ruolo ambito dalla vittima. Ogni orizzonte interiore diviene frustrante sogno individuale, inesprimibile ed incomunicabile perchè nessuno è in condizione di vederlo, di ascoltarlo. Non è più solamente il sonno della ragione. E' il sonno della coscienza.
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