Regia di Sergio Castellitto vedi scheda film
Sergio Castellitto esordisce 46enne alla regia - con vent'anni di rispettabilissima carriera da interprete già alle spalle - portando in scena un romanzo di Bruno Gambarotta dal titolo "Torino, Lungodora. Napoli", sceneggiato insieme alla moglie Margaret Mazzantini e all'accoppiata Giulia Mibelli-Piero Bodrato. Il risultato è soddisfacente dal punto di vista estetico, sicuramente tutt'altro che noioso - il ritmo è alto per quasi tutta la pellicola - e recitato senza intoppi da un buon cast che vede schierati, oltre al regista e alla moglie, Michel Piccoli, Chiara Mastroianni, Gian(Fabio Bosco), Bruno Armando e Luis Molteni. Neo principale, ad ogni modo, la mancanza di originalità e, se si vuole, di verosimiglianza della storia, ritratto di un uomo sopra le righe che si scontra con tutto e tutti, malavita compresa, uscendone perennemente illeso o appena appena scalfito. Per di più Libero - didascalico già dal nome - Burro è un personaggio troppo fortunato per poter essere letto in chiave di antieroe: sostanzialmente fare il tifo per lui è fin troppo facile, non viene spontaneo. Musiche folkeggianti di Angelique e Jean-Claude Nachon; premiato al festival belga di Mons (cinema di genere romantico/sentimentale: perchè mai?); in definitiva si tratta di un esordio in regia non riuscitissimo, ma comunque promettente. 5,5/10.
Libero Burro è un maneggione che, dal sud, si è trasferito a Torino per aprire una serie di attività (una ditta di pulizie, un ristorante e via dicendo); poichè non ha neppure il diploma - sta studiando da geometra alle scuole serali - utilizza il cognato come prestanome. Quando Libero pesta i piedi a un mafiosetto locale, il primo a farne le spese è proprio il cognato.
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