Regia di Antonio Banderas vedi scheda film
Dopo 52 film davanti alla macchina da presa, l’almodovariano Banderas esordisce dietro l’obiettivo e sopra, sotto, di fianco alla moglie Melanie Griffith, della quale filma cuore e anima di vamp e star, novella Marilyn Monroe, inquietante presenza hitchcockiana (è, non dimentichiamolo, la figlia di Tippi Hedren). Qualcosa di travolgente accade, nell’estate del ’65, in Alabama: Lucille, madre di sette pargoletti battezzati coi nomi dei divi del cinema, ha ammazzato il truce e violento marito ed è partita alla conquista di Hollywood, portandosi appresso – in una cappelliera – la sua testa di “lupo” mozzata. In California si scontra subito col successo, divenendo l’eroina della soap “Mia moglie è una strega”. Il sogno dura, però, l’arco di un orgasmo: riconosciuta (“Miss, la cercano sul set…”. “In verità, mi cercano in 17 stati”), viene riportata nel piccolo paesino del Sud e processata. La storia, ricavata dal libro di Mark Childress (che sceneggia), è raccontata dal punto di vista di Peejoe, nipote prediletto di Lucille e paladino – nel frattempo - della causa nera contro un poliziotto razzista (l’efficace e irriconoscibile Meat Loaf) che ha ucciso un ragazzo black. Detto della perfetta svampita Griffith, sulla quale Banderas volteggia con amorevole e spudorata passione, rimane il cameo da Oscar di Rod Steiger, giudice poco lontano da Dio e molto vicino agli uomini democratici.
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