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5 bambole per la luna d'agosto

Regia di Mario Bava vedi scheda film

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La recensione su 5 bambole per la luna d'agosto

di Antisistema
4 stelle

Tonfo che prima o poi sarebbe dovuto arrivare per Mario Bava, ma comunque fa rumore lo stesso anche perchè avviene comunque in territori thriller frequentati di tanto in tanto dal regista, che comunque ha sempre preferito e dato il meglio con i suoi horror di stampo gotico e inserti fantastici al loro interno. 5 Bambole per la Luna d'Agosto (1970) è un thriller di mediocre fattura, in cui una sceneggiatura pasticciata, confusa, blanda e sconclusionata in tutte le sue fasi, non può essere salvata in alcun modo neanche dalla regia di uno capace come Mario Bava, che non ha mai amato tale film come dichiarato in interviste successive e vedendo il risultato nefasto si capsice anche il perchè, tanto che il regista tenta di smuovere e salvare il salvabile con il suo solito stile tecnico con cui in passto aveva sorretto intere sue opere, però qui anch'esso diventa mera maniera, con zoom infilati ovunque e privi di un benchè minimo senso logico nel loro uso formale, passando poi per le transizioni di montaggio che giocano su inquadrature dapprima sfocate e poi a fuoco molto in voga nel cinema di genere nostrano; una tecnica così esasperata ed esibita, con la ricerca di un costante virtuosismo tecnico, finisce con il rendere per assurdo ancor più datato questo thriller-giallo rispetto alle opere precedenti del regista che a differenza di quelle dei suoi colleghi di genere, non avevano mai sofferto troppo lo scorrere del tempo, come invece accade per questo 5 Bambole per la luna d'Agosto, penalizzato anche da una generale atmosfera psichedelica mista ad una fotografia pop-art negli interni, con tanto di bizzarro quadro astrattista alla Kandiskji perennemente inquadrato sullo sfondo, mentre negli esterni ci si limita ad un normale lavoro di valorizzazione della spiaggia di quest'isola in cui gli ospiti dell'imprenditore George, si godono il soggiorno tra bagni al mare, feste lascive e tradimenti tra i vari componenti del gruppo, mentre alcuni degli imprenditori che soggiornano lì, cercano di accaparrarsi la formula del professor Farrell, cercando di convincerlo a cedere offrendogli un prezzo sempre più alto. 

 

 

Dovrebbe essere un atto di accusa contro la borghesia priva di valori e scrupoli, dedita solo ai piaceri materiali derivanti dalla necessità di perpetrare la propria posizione, però questo spunto rimane appena appena in superficie senza essere portato avanti, anche perchè Mario Bava non è mai stato un grande pensatore sociale nell'arco dei suoi film, che non hanno mai avuto sovrastrutture tematiche, perchè puntavano sempre sull'aspetto visivo e questa cosa qui lo frega di brutto, visto che se nell'horror gotico la mano del regista è tutto, in un giallo intervengono altri fattori fondamentali per la riuscita come una buona scrittura ed una risoluzione chiarificatrice, cosa che in questa sorta di versione povera di Dieci Piccoli Indiani manca del tutto e se vuoi giocare sul territorio di Agatha Christie, è necessario che tutte le tessere del puzzle combacino più che bene, altrimenti ottieni solo un pasticcione confuso e noioso a seguirsi, con un ritmo pachidermico nonostante poi il film arrivi ad appena 80' minuti di durata, dove alla fine ci si accorge che la grande assente, oltre a dei personaggi e dei morti cui frega niente di nessuno, è proprio il brivido della tensione, presente forse solo nella scena delle biglie che cadono dalle scale finendo poi in una vasca da bagno in cui rivelano l'ennesima vittima della comitiva, perchè poi dei morti vediamo solamente i cadaveri, ma mai il momento dell'assassinio. 

Nonostante la bravura di Bava di far credere all'illusione di una villa su uno scoglio in realtà abilmente ricreata tramite sovrapposizioni, nel film purtroppo manca sia la componente omicida tipica del lato thriller, sia la parte investigativa propria del giallo, che alla fine si riduce ad una sequela di morti una dopo l'altra senza che nessuno si preoccupi di indagare o formulare delle ipotesi sull'assassino, continuamente massacrate da una colonna sonora che poco c'entra con quello che sta avvenendo in scena. Mediocre risultato ai botteghini italiani alla sua uscita, spazzato via dalla rivoluzione di Dario Argento, con il suo Uccello dalle Piume di Cristallo, che nonostante gli scompensi, aveva portato il genere su ben altro livello. 

 

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