Regia di Rodolfo Bisatti vedi scheda film
Non è un documentario, ma forse neanche un vero e proprio film. Ci sono effettivamente alcuni personaggi, interpretati da attori (bravi), e c'è anche una specie di trama. Ma la trama è molto povera, e a tratti è difficile da seguire, perché certe scene sono poco comprensibili, e certi personaggi sono presentati in modo poco chiaro. Si alternano scene di grande realismo con simbolismi raffinati, per adepti cinefili. Stilemi che io non apprezzo, ma che sembrano inevitabili, connaturati a un certo cinema “intellettualoide”. Il tutto integrato da lunghi silenzi, lentezza estrema, inquadrature naturalistiche (immagino volute dal regista perché a qualcuno suscitano un pizzico di benessere).
Nell'insieme, lo spettatore viene proiettato in una dimensione surreale, di lutto, dolore, presenza della morte, strazio del fine vita, e a tratti quasi di nonsense (a causa degli stilemi).
Più che un'esperienza di cinema, si potrebbe descrivere l'esperienza dello spettatore come un'esperienza di angoscia, un anticipo di vicende che quasi certamente dovremo vivere, e che forse (in forma attenuata) abbiamo già vissuto.
In breve, mi riferisco all'esperienza del nostro personale fine vita, e di quello dei nostri cari. E l'esperienza del lutto, della perdita di persone di importanza fondamentale per noi.
Ci si chiede: perché allora infliggersi questo supplizio? Per me è stata una scelta intenzionale, consapevole, legata a miei recenti stati d'animo. Per altri, potrebbe essere un modo di opporsi alla rimozione del pensiero di morte; per altri ancora, potrebbe essere addirittura catartico.
A scanso di equivoci, il film merita un 7, per la grande intensità che trasmette. Ne sconsiglio però la visione a chi non abbia una forte motivazione, in partenza, di affrontare questi temi.
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