Regia di Amy Holden Jones vedi scheda film
Notevole esordio della regista Amy Holden Jones, qui alla sua unica direzione per un titolo horror, diventato di culto. Due seguiti e diversi spin off hanno contribuito a mantenere vivo, nella memoria degli appassionati, questo brillante slasher.
California. I genitori di Trish (Michelle Michaels) lasciano per una sera a casa sola la figlia, che coglie l'occasione per invitare tre amiche a festeggiare. Le ragazze passano il tempo parlando delle loro cose intime, tenute sotto controllo dal vicino David (Rigg Kennedy). La radio diffonde notizie su Russ Thorn (Michael Villella), un pericoloso serial killer in libertà che di fatto, dopo avere ucciso un'addetta del servizio telefonico, s'mpossessa del furgone aziendale e si mette sulle tracce di Trish. Armato di trapano, Thorn si presenta - non invitato - alla festa.
"Close your eyes for a second... and sleep forever." (Tagline)
Sono gli anni di Halloween (1978) e Venerdì 13 (1980), ossia l'horror è in pieno fermento, con pellicole a base di adolescenti nelle mire di maniaci sanguinari. Il sottogenere dello slasher è ai massimi livelli. In questo contesto la regista Amy Holden Jones decide di esordire dietro la macchina da presa, girando una sceneggiatura scritta da Rita Mae Brown. Una sceneggiatura semplice, sintetica, ma piena di ritmo e nel totale rispetto dei paradigmi richiesti dal filone, con la differenza che qui l'omicida agisce a volto scoperto e non è un mostro. Con un budget striminzito (250.000 dollari), la Jones gira un piccolo cult, premendo molto il pedale sull'erotismo (le scene iniziali delle ragazze in doccia, lo strip alla finestra spiato da due ragazzi coetanei) e riuscendo a mantenere sempre alta la tensione.
Concettualmente brutale (si tratta pur sempre di un serial killer, che sventra con un trapano), The slumber party massacre non offre scene splatter, se non in chiusura (riservate allo stesso maniaco), eppure trasmette un senso di opprimente angoscia, destinata a perdurare dalle prime sequenze sino alla fine. Molto migliore dei successivi sequel di Venerdì 13 e di tanti epigoni, per certi versi ricorda - data la presenza dell'assassino all'interno dell'abitazione - il precursore di Sergio Martino (I corpi presentano tracce di violenza carnale, 1973), al punto che non si cade in errore nel dire che quello potrebbe essere il vero modello ispiratore di The slumber party massacre. C'è anche spazio per una divertita citazione occulta al film di Sean S. Cunningham, quando la piccola Jackie, sfogliando Playgirl - la rivista della sorella maggiore, con in copertina Sylvester Stallone - s'imbatte in un modello di nudo che si chiama Jason. Il fatto che abbia avuto due sequel, e ancora dopo anni evidenti derivati (Slumber party slaughter, 2012), rende conto dell'ottimo lavoro fatto dalla Jones. Regista di buone premesse, che purtroppo gira solamente altri tre film, nell'arco di quindici anni, di tutt'altro tipo: Passione fatale (con protagonista Jamie Lee Curtis), A servizio ereditiera offresi e La moglie di un uomo ricco. Rimane invece più attiva in veste di sceneggiatrice (suoi gli script della serie di film dedicati al simpatico cane Beethoven), e in questo ruolo torna ad affrontare l'horror solo in un'ultima circostanza, quando scrive Relic - L'evoluzione del terrore (1997). Che uno dei più riusciti slasher americani sia stato diretto da una donna, è motivo di piacevole sorpresa. Sorpresa, ancora maggiore, per il fatto che non abbia avuto la possibilità (o forse la voglia) di continuare a frequentare il genere.
"Spesso, il delitto più banale è il più incomprensibile proprio perché non presenta aspetti insoliti o particolari, da cui si possano trarre delle deduzioni." (Arthur Conan Doyle)
F.P. 15/04/2020 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 76'15")
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