Regia di William A. Wellman vedi scheda film
Per una volta il western classico americano si prende una sana licenza rispetto al suo canovaccio fatto di eroi senza macchia e decide di proporci come personaggio dominante un rapinatore di professione, insieme alla sua temibile banda di fuorilegge. I consueti rapporti di forza si ribaltano. La donna e il denaro, solitamente elementi attorno ai quali viene eretto un baluardo difensivo, divengono terreno di conquista per i voraci appetiti dei protagonisti. In seguito il film evolve, s’allontana da quello che prometteva il suo crudele esordio, ma non importa perché il livello drammatico resta elevato. La redenzione finale del leader della banda (Peck) ci indica che i tempi non erano ancora maturi perché l’antieroe conservasse la sua negatività per tutta la durata del racconto: il mondo non era ancora pronto per sopportare un protagonista che abbandona tutto e tutti a fine corsa (per una cosa così rivoluzionaria non dovremo nemmeno attendere Sergio Leone, basterà Ford con Sentieri selvaggi). La redenzione con annesso idillio amoroso è ciò che serve per riportare equilibrio nella Forza, mettiamola così. Dopotutto, è il western all’americana, bellezza, e sembrerebbe una forzatura innaturale sottrarlo ai suoi sbaciucchiamenti innati.
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