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L'ultimo metrò

Regia di François Truffaut vedi scheda film

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La recensione su L'ultimo metrò

di alan smithee
8 stelle

MY FRENCH FILM FESTIVAL 2018

In una Francia divisa in due tramite la creazione della Repubblica di Vichy, che racchiudeva ciò che restava di una nazione divelta a seguito dell’invasione nazista di tutta la parte nord, compresa la capitale Parigi, gli abitanti della capitale che lavoravano fuori città dovevano industriarsi e cercare di ritornare alle proprie case prima del coprifuoco vigente nell’attraversamento di detto confine, tenendo conto delle ultime corse serali della metro. Le case parigine, rese inospitali dalla miseria e dal freddo dell’inverno incombente, inducevano la maggior parte degli abitanti a trascinarsi comunque fuori per recarsi nei cinema o nei teatri, accoglienti e caldi, per godersi gli scampoli di spettacoli che li allontanassero almeno per qualche momento, dal pensiero fisso degli orrori dio una guerra sanguinosa ed efferata come mai. Anche il quel caso il coprifuoco delle 23 li costringeva a muoversi in massa per riuscire a imbarcarsi nell’aultima corsa del metro che li riportasse sani e salvi nelle proprie fredde ed inospitali case.

Seguiamo qui in particolare gli strenui tentativi di Madame Marion Steiner di mandare avanti quello che un tempo era il prestigioso teatro Montmartre, ora pesantemente affossato dalla ufficiale dipartita del suo gestore e proprietario, il marito ebreo della nota e bellissima attrice Marion, Lucas Steiner, ebreo ufficialmente in fuga. In realtà l’uomo viene nascosto dalla moglie negli scantinati della struttura, e attraverso un foro nel muro l’uomo ascolta le prove e fornisce consigli alla moglie riguardo alle prestazioni degli attori. Proprio in quei giorno arriva al teatro un celebre attore, Bernard Granger, scritturato proprio al fine di rilanciare le sorti del teatro.

Un ottimo interprete, donnaiolo senza sosta, che cercherà invano di sedurre la costumista, e poi si concentrerà sulle grazie della bellissima padrona di casa, fermamente decisa a continuare a tener celata la presenza del marito ebreo.

Col tocco magico di un Truffaut che serba da sempre entro sé una capacità innata di racconto, L’ultimo metrò è il secondo di una trilogia che il regista non riuscì a portare a termine (il primo di Effetto notte) dedicata al mondo dello spettacolo.

Una ambientazione di grande effetto, la costruzione precisa e ben caratterizzata dei personaggi, il senso di fraternità che crea l'appartenenza ad una compagnia, col teatro che in qualche modo difende ed isola dagli orrori del mondo feroce che circonda ogni individuo, rendono L’ultimo metrò una pietra miliare del cinema che guarda al suo parente anziano e nobile, il teatro ed il mondo degli artisti e delal recitazione.

Catherine Deneuve e Gerard Depardieu giganteggiano senza ostentare alcun divismo di troppo, aderenti ai rispettivi personaggi dal carattere forte, ma anche celato da un mestiere che li invoglia ad apparire diversi da ciò che sono, anche nella vita privata.

Un film pieno di sfumature, forte di una ambientazione perfettamente che alterna molti interni a scorci e vedute molto ben ricostruite, entrambi molto aderenti alla drammatica situazione che fa ben più che da sfondo ad una vicenda corale tutta incentrata dietro le quinte di un set che tenta di allontanare ogni sera, almeno per qualche ora, i pensieri della gente dagli orrori di un conflitto senza fine.

Un tuffo suggestivo entro un periodo storico drammatico ed insieme un trionfo della narrazione, sdoppiata abilmente tra la vicenda cinematografica e le prove degli adattamenti di un dietro le quinte di quella che diviene una vera ed autentica comunità mutualistica di vita, tra persecuzioni razziali e razionamento di viveri, bombardamenti e rastrellamenti.

 

 

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