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La moglie di Frankenstein

Regia di James Whale vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La moglie di Frankenstein

di kotrab
9 stelle

Quattro anni dopo Frankenstein, J. Whale ne dirige il seguito, un esempio riuscito di efficace sviluppo e approfondimento psicologico, anche se personalmente mi pare leggermente meno avvincente. Certo c'è la comunanza dello staff tecnico-artistico, ma sono molte le novità: maggiori potenzialità tecniche a disposizione (carrellate, piani sequenza), nuovi personaggi, sviluppo delle capacità mentali del mostro (B. Karloff; maggior umanizzazione ed evidenziazione della sua marginalità nella società, anzi addirittura consapevolezza della impossibilità di un'esistenza tra i vivi, fino all'attuazione del suicidio, atto estremo di ribellione contro Dio, inteso sia come barone Frankenstein [C. Clive] che come Dio cristiano, a cui si rimanda in tutto il film), accentuazione di una ulteriore consapevolezza trasgressiva, accettazione dell'identificazione nominale barone/creatura (già dal titolo, La moglie di Frankenstein, la quale moglie è a sua volta doppio di Elizabeth [V. Hobson]) e soprattutto uno spiccato senso dell'umorismo che arriva ad autoparodiarsi (non involontariamente), scelta che da un lato ha coraggio e viene ben integrata, dall'altro però mi sembra a volte evitabile (come la parte degli ometti sotto vetro).

I riferimenti biblici sono evidenti tramite la creazione di un'Eva artificiale (una magnifica E. Lanchester) ad opera della collaborazione con un dottore-mago diabolico (un ottimo E. Thesiger; la tentazione e la rivolta contro Dio: già lui stesso si identifica col Diavolo) che è l'esplicitazione del lato negativo del barone Frankenstein (una declinazione di dottor Jeckyll e Mister Hyde faccia a faccia?). Anche lo stesso barone però è un doppio nei confronti del regista, che manipola le nostre menti e le nostre retine similmente allo scienziato con immagini che si stampano alla prima visione (una su tutte: la rivelazione della creatura femmina, col montaggio martellante e le inquadrature oblique, i movimenti spezzati e meccanici di lei, la vistosa permanente con incredibili saette bianche), senza dimenticare lo stesso mostro, altro doppio perché diverso da ciò che viene accettato ufficialmente dalla società, delineata con le macchiette del borgomastro (E. E. Clive) o di Minnie (simpatica Una O'Connor, che all'inizio sembra più una zingara-Cassandra), domestica di Elizabeth.

Un'altra insistente differenza rispetto all'altro film è l'importanza della colonna sonora di Franz Waxman che contribuisce all'evidenziazione dell'atmosfera goticheggiante, insieme alla fotografia di John Mescall, ricca di contrasti, e al prologo con Lord Byron (Gavin Gordon), Percy e Mary Shelley (Douglas Walton e ancora E. Lanchester), durante il quale si rivedono scene del Frankenstein come raccordo, metodo che verrà ripreso da Terence Fisher nel suo Dracula, principe delle tenebre rispetto a Dracula il Vampiro (Fisher, tra l'altro, è stato l'unico ad aver apportato interessanti sviluppi al mito di Frankenstein, secondo molti studiosi), come pure ritornerà tra i vampiri il soffio da serpente della Lanchester.

Altre due brevi considerazioni: magnifica la sequenza dell'incontro con l'eremita cieco che fa da pendant all'autenticità della bambina dell'altro film, mentre è un po' meno spettacolare il finale.

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