Regia di James Whale vedi scheda film
Di solito i sequel scadono in banalità varie, senza dare nuova linfa al Mito creato con l'episodio originale. Non è fortunatamente il caso de "La Moglie di Frankenstein" sempre di James Whale e sempre con Boris Karloff nei panni (i migliori e mai superati) della famosa creatura. In questo secondo capitolo della saga dolorosa del "diverso" mostro di Frankenstein entra in campo un nuovo mad-doctor dalla presenza davvero inquietante che vuole portare in vita una donna per la creatura che ancora sconvolge e terrorizza la popolazione. Il pregio di Whale è di aver saputo trattare il tema della diversità con un piglio ironico ma anche tragico. Infatti molti "luoghi" di questo secondo episodio verranno presi in pieno da Mel Brooks per il suo "Young Frankenstein", e inoltre certi passaggi hanno una violenza e un tratto gotico davvero straordinari. Ma ciò che avremo sempre davanti agli occhi è il dolore del mostro, un diverso non accettato ed anche frainteso, che sviluppa una sua consapevolezza: sa di non essere come gli altri. Forse il regista voleva parlare di se stesso, o forse di un concetto più ampio di diversità e di non integrazione, ma in entrambi i casi ci è riuscito.
La prima apparizione del mostro sotto le rovine del mulino incendiato fanno ancora oggi invidia a molti fim horror che non sanno più come far entrare in scena i propri principi del male. Boris Karloff non era solo la maschera giusta, ma un grande attore che ha saputo dare un'anima cosmica e storica ad un ammasso di cadaveri legati tra loro.
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