Regia di François Truffaut vedi scheda film
In questo film il noir si lascia trasportare dalla comédie humaine, perché, nello spirito di Truffaut, la deviazione verso il male è solo un’immediata conseguenza della normalità disgraziata, della realtà di povera gente che ci si trova per caso e non sa come uscirne. Come, a più riprese, ci ricorderà Antoine Doinel, il mondo è confuso e violento, e chi è timido, goffo e impreparato viene sollevato come un fuscello dalle ciniche folate della sorte. Il protagonista di questa vicenda, ex Edouard Sorayan, e attuale Charlie Kohler, non ha assunto una nuova identità per furbizia o opportunismo, ma, piuttosto, si è lasciato cambiare dalla vita, da un colpo di vento che l’ha rivoltato come una banderuola, riducendolo da grande e celebrato concertista a signor nessuno di uno squallido piano bar. Finire nei guai come predestinazione genetica è il principio antropologico che dalla tradizione del naturalismo viene qui travasato nell’atmosfera della nouvelle vague, in un racconto in cui l’ironia distrae momentaneamente dal pianto e sospende, soltanto per un attimo, la corsa verso l’inevitabile tragedia. Il titolo Tirez sur le pianiste individua, in maniera sadicamente canzonatoria, il bersaglio designato nel personaggio più debole ed innocente della situazione: colui che, durante la sparatoria in un saloon, cerca invano di mantenersi in disparte. La meccanica del mondo, però, non distingue tra grandi protagonisti e piccole comparse e, se occorre, trascina anche il più insignificante degli interpreti al centro della scena, sotto il tiro incrociato di battute crudeli, e nel drammatico punto di incontro tra passato e futuro, dove i pesanti ricordi di ieri riemergono per frantumare i fragili progetti di domani.
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